Walter Veltroni


da La Nuova Sardegna
27 maggio 1999

«Per la legalità e le riforme»
«Positivi i risultati della giunta Palomba»
«Le critiche di Berlusconi?
Di rovinoso c’è stato il suo governo»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Walter Veltroni è oggi a Cagliari per la campagna elettorale regionale ed europea. In questa intervista alla Nuova, il leader nazionale dei Democratici di sinistra anticipa i temi politici che tratterà nel corso della manifestazione pubblica in programma alle 19 nel palazzo dei congressi della fiera. Alle 16.30, nella sede del partito, incontrerà, con il segretario regionale Emanuele Sanna, delegazioni di lavoratori dei principali stabilimenti isolani. Ci sarà anche il presidente della giunta Federico Palomba, candidato alle Europee in testa di lista proprio dal leader dei Ds.

— Il Centrosinistra sardo negli ultimi cinque anni ha avuto cinque crisi. Ora l’alleanza è nata prima delle elezioni, ma è composta di 11 sigle. Non c’è il rischio di ulteriore instabilità?
«L’instabilità è endemica dove c’è il proporzionale. E le Regioni speciali, tutte, accusano un ritardo nell’innovazione istituzionale. Come Ds siamo impegnati, in Parlamento ma in stretto raccordo con le assemblee regionali, per modificare la situazione. Per intanto, c’è da registrare un passo avanti importante, sul piano politico, a favore della stabilità. Centro e sinistra, che nel 1994 si erano presentati divisi al voto, si presentano assieme, con un patto politico e programmatico e un patto di coesione e stabilità, in un certo senso”come se” le regole del bipolarismo e del maggioritario ci fossero già».

— Quali sono i risultati che legittimano la riproposizione del Centrosinistra alla guida della Regione?
«Intanto è stata garantita la stabilità, confermando la presidenza Palomba per tutta la legislatura, anche respingendo le pressioni che volevano condizionare le istituzioni in senso regressivo e oligarchico. Ma la stabilità non è fine a se stessa. Sul terreno del lavoro e dello sviluppo, come attestano i dati forniti da soggetti imparziali come Istat e Svimez, in Sardegna si è registrato un incremento dell’occupazione e del prodotto interno lordo superiore alla media nazionale. All’attivo ci sono poi il piano del lavoro e il rilancio, su un piano autonomistico alto, del rapporto col governo nazionale, attraverso l’Intesa istituzionale, che avvia a soluzione nodi storici dell’arretratezza dell’isola».

— Il Centrosinistra sardo è il più largo sinora sperimentato. Ma sarà possibile conciliare la presenza contemporanea dei partiti di Bertinotti e Cossutta?
«La Sardegna è un esempio positivo di come si possa impegnare tutta la sinistra attorno a un progetto di governo. Questa anomalia positiva è anche il frutto della tenace azione unitaria del nostro partito, che ha lavorato sodo, pure in Sardegna, per superare diffidenze e pregiudiziali».

— I Democratici, però, non fanno parte della Coalizione autonomista. E’ un ulteriore segnale di difficoltà dell’Ulivo?
«Abbiamo lavorato con tutto il Centrosinistra per un accordo col neonato partito di Prodi. A quanto mi risulta, non si è potuto realizzare per incomponibili divergenze nei Democratici, che li hanno indotti a non presentarsi nel collegio regionale. Abbiamo comunque apprezzato che sostengano il candidato presidente del Centrosinistra».

— E’ per ora mancato l’obiettivo di riagganciare il Psd’Az. Ritiene che l’alleanza sarà possibile? Quali aperture sul federalismo?
«Abbiamo un rapporto consolidato col Psd’Az, siamo certi che, come avvenuto negli ultimi 25 anni, sarà possibile una piena convergenza autonomistica. Ci sono già forti sintonie programmatiche. La sinistra sarda è federalista e a livello nazionale i Ds si battono da tempo per il federalismo, nella valorizzazione delle autonomie speciali».

— In un’intervista alla «Nuova», Berlusconi ha detto che il candidato del Polo è il simbolo della lotta ai “giochi rovinosi” dei vecchi partiti. I “vecchi partiti” sanno reggere la sfida?
«Verrebbe da rispondere a Berlusconi che in Italia, di “rovinoso”, c’è stato soprattutto il suo governo, che ha avuto l’unico merito di durare poco. Quanto ai partiti, Costituzione alla mano, noi crediamo nella loro insostituibile funzione democratica. Senza partiti, la politica finisce in mano ad altri poteri, a cominciare da quello economico, con i conseguenti, arcinoti, conflitti di interesse. Poi, naturalmente, ci sono partiti e partiti. Berlusconi si è sempre schierato dalla parte delle componenti più retrive e meno trasparenti del vecchio sistema politico. Noi ci siamo sempre battuti, e ci batteremo, per la legalità e l’innovazione politica e istituzionale».

— Un anno fa, da vice premier, lei prese impegni alla Conferenza regionale del lavoro e l’Intesa col governo è stata firmata di recente. Quali altre iniziative ritiene indispensabili per lo sviluppo della Sardegna?
«Innanzi tutto, si devono attuare gli strumenti di programmazione negoziata approvati: patti territoriali e contratti d’area. Ed è necessario varare il programma operativo regionale per i fondi strutturali 2000-2006, che rappresenta, accanto all’Intesa, il principale strumento di programmazione delle strategie per sviluppo e lavoro».

— Per la tutela delle coste e dell’ambiente ci sono ritardi. C’è un ripensamento della sinistra o la politica di salvaguardia resta fondamentale?
«Non bisogna dimenticare che la Sardegna dispone di una normativa tra le più avanzate in Italia per la tutela delle coste, non a caso varata con la sinistra in giunta. Il patrimonio ambientale, naturale e culturale è un bene di inestimabile valore e la più importante risorsa economica dell’isola. Perciò saremo intransigenti nel tutelarlo e propositivi per valorizzarlo ai fini dello sviluppo. Non altrettanto accadrebbe se la maggioranza dovesse cambiare: la destra ha programmi e rappresenta interessi che sono una minaccia per l’ambiente. Anche per questo bisogna impedirle di andare al governo della Regione».

— Le tensioni col Ppi sul Quirinale, i contrasti sul Kosovo, gli scontri sul terrorismo. Cosa c’è dietro l’angolo delle Europee?
«Innanzi tutto c’è un nuovo Parlamento europeo. Non vorrei che ci dimenticassimo di questa ovvietà, tutti presi come siamo dall’ansia di sapere se il partitino”X” prenderà uno zerovirgola in più o in meno del partitino”Y”. Contrariamente a quel che pensa Berlusconi, le elezioni europee non sono un maxi-sondaggio sulla politica domestica, ma lo strumento in mano ai cittadini per decidere il segno della politica europea. Il nostro partito, il Pse, il partito di cui facciamo parte con i laburisti inglesi, le grandi socialdemocrazie nordiche e i partiti socialisti dell’Europa mediterranea, vuole una Europa che non sia solo moneta, ma sia anche politica, e sia sviluppo e lavoro. Noi ci battiamo perchè questa idea prevalga su quella, tutta e solo monetaria, dei conservatori e dei moderati».

— E dopo il 13 giugno?
«Avremo davanti a noi il problema di ridare un assetto stabile e convincente al centro-sinistra. Per garantire stabilità ed efficacia all’azione del governo D’Alema, che sta affrontando con serietà e coraggio prove difficili. E poi, per rilanciare l’iniziativa parlamentare sulle riforme, come giustamente sollecita il presidente Ciampi, e anche per prepararci alla sfida delle elezioni del 2001. E’ un’impresa che può apparire difficile, ma noi, alle imprese difficili, ci stiamo abituando. Chi l’avrebbe detto che l’Italia sarebbe entrata a testa alta nella moneta unica, che Prodi sarebbe diventato presidente della Commissione europea, che D’Alema sarebbe stato un premier tra i più apprezzati all’estero, oltre che popolari in Italia, e che Ciampi sarebbe diventato presidente al primo scrutinio e a larghissima maggioranza?».