Massimo D'Alema


da La Nuova Sardegna
6 febbraio 2003

«Non attuare la” mia” Intesa
è stato un danno per i sardi»

Il presidente dei Ds ricorda la firma del’99 con la Regione: «Tutto ancora valido»

di Filippo Peretti

ROMA. Domani e sabato Massimo D’Alema sarà a Cagliari alla conferenza programmatica dei Ds sardi. Alla vigilia, il presidente del partito preferisce concentrarsi proprio sul programma. E così le domande sulla gestione unitaria della Quercia, su Cofferati, Moretti e i movimenti e sulla scelta del leader (nazionale e regionale) restano nel taccuino del cronista. Ci sono state, spiega con garbo l’ex presidente del consiglio, fin troppe polemiche sui giornali mentre bisogna lavorare per l’unità del partito e della coalizione e quindi evitare che anche solo una parola possa riscaldare gli animi giusto ora che le tensioni stanno finalmente scemando.

— Presidente D’Alema, quasi quattro anni fa, il 21 aprile 1999, a Palazzo Chigi lei firmò con l’allora presidente della giunta Federico Palomba l’Intesa istituzionale Stato-Regione.
«L’Intesa, nell’ambito della programmazione negoziata, era lo strumento per regolare tutte le azioni finalizzate all’attuazione degli interventi. Quella con la Sardegna, oltre a essere una delle prime, fu tra le più estese per l’ambito e l’ammontare degli investimenti. Nelle nostre intenzioni c’era la volontà di concertare in un’unica sede, fissati gli obiettivi, il compito e le azioni di Stato e Regione».

— Quel documento è ancora una piattaforma politico-programmatica valida?
«Sicuramente sì».

— Ma non è stata poi attuata dal Centrodestra.
«Come si può ben facilmente osservare, nell’azione quotidiana e legislativa del governo siamo ben lontani da quella impostazione e temo che il governo stia pensando a tutt’altro che fare una seria e rigorosa politica di programmazione delle risorse. Inoltre siamo in ritardo nell’attuazione di tutti i principali capitoli, come energia e infrastrutture per citare i principali».

— La mancata attuazione è un danno per la Sardegna?
«Un grave danno, sì. E se i ritardi non saranno recuperati, cosa molto difficile, vedo il pericolo di revoca di fondi europei».

— Nella politica dell’alternanza è davvero necessario che un governo cancelli il lavoro svolto da chi l’ha preceduto?
«In un Paese con una fisiologica alternanza di governo non capitano le cose come da noi. E’ un danno ricominciare da capo a ogni cambio di maggioranza. Tutto ciò che riguarda la stabilità del funzionamento del sistema andrebbe salvaguardato».

— La conferenza programmatica dei Ds in Sardegna precede di un mese la Convenzione regionale dell’Ulivo e di un anno le elezioni regionali. Lei ha detto che l’Ulivo non deve essere la semplice somma del centro e della sinistra. In questa prospettiva, quale contributo i Ds devono dare per il programma unitario?
«L’iniziativa in Sardegna si unisce a tante altre che il partito ha promosso in vista della Convenzione programmatica nazionale di Milano ad aprile. Noi pensiamo così di offrire il nostro contributo a quello che sarà il progetto per l’Italia dell’Ulivo».

— Nell’isola è di nuovo in crisi il settore della chimica che, qui, vale come la Fiat. Lei ritiene che l’economia regionale debba difendere quegli stabilimenti?
«La Sardegna, come il resto del Mezzogiorno, ha conosciuto storicamente sviluppo industriale, se si esclude il tradizionale comparto minerario, in prevalenza grazie all’intervento pubblico. I processi di privatizzazione hanno lasciato una situazione di notevole difficoltà in particolare se si pensa al ruolo svolto dall’Enichem. Considero sbagliato non compiere ogni sforzo pur rispettando i vincoli che ci derivano dall’Europa, perché il patrimonio industriale non vada perduto».

— Il Centrodestra dice che l’isola deve puntare con maggiore decisione su settori più moderni come il turismo e il terziario avanzato.
«Non considero l’industria alternativa alla ricerca di altre opportunità. Il turismo è già un’importante realtà in Sardegna, fondamentale è avere lo sguardo rivolto all’innovazione. Da questo punto di vista l’isola ha dimostrato di avere capacità di impresa di livello mondiale, penso a Tiscali e a quanto ruota intorno a questa realtà».


— In Sardegna, come nel resto del Sud, cresce la disoccupazione giovanile, ormai oltre il 51 per cento.

«La Sardegna e l’intero Mezzogiorno devono diventare il punto prioritario della politica economica del Paese. Ormai c’è un dato acquisito da tutti: l’Italia riprenderà a crescere con i ritmi europei se l’intero Mezzogiorno crescerà con i tassi adeguati a questo obiettivo. L’occupazione riprenderà a crescere se le politiche di sviluppo sapranno cogliere le opportunità che già avevano iniziato a manifestarsi alla fine degli Anni Novanta, ma che purtroppo l’azione di questo governo ha oscurato».

— Il governo sostiene il contrario.
«Ma la verità è che la Sardegna e il Mezzogiorno sono scomparsi dall’agenda del governo. E’ sufficiente leggere con attenzione l’ultima legge finanziaria e alcuni decreti finanziari che l’hanno preceduta per averne la prova più evidente».

— Molti giovani sardi, anche diplomati e laureati, hanno ripreso la strada dell’emigrazione. Come invertire questa tendenza?
«Per arrestare l’emigrazione e la fuga dei giovani è indispensabile rovesciare l’impostazione dell’attuale politica economica del governo».

— Anche in Sardegna - con una serie di intimidazioni - è riesploso l’allarme terrorismo. Si parla di alleanze tra frange indipendentiste, banditismo comune, settori dell’antagonismo. L’equazione malessere sociale-criminalità era stata fatta anche per i sequestri di persona, fenomeno che si è arrestato da qualche anno. Lei ritiene che il sottosviluppo possa favorire il terrorismo?
«La nuova qualità del fenomeno non induce a ritenere ci sia uno stretto legame con il malessere economico-sociale. Episodi simili si verificano in aree con tassi più elevati di benessere».

— Oltre che le indagini, occorrono anche interventi di prevenzione facendo leva sull’economia?
«Il fenomeno va attentamente studiato e seguito per porre in essere tutto ciò serva a prevenire una sua espansione».

_ In Sardegna l’Ulivo punta ad allargare il Centrosinistra anche a Rifondazione comunista. Pensa che sia possibile?
«Considero decisiva la costruzione di un’ampia alleanza elettorale per vincere le prossime elezioni regionali. Cercare un’intesa con Rifondazione comunista è pertanto necessario oltre che possibile».

_ Anche dopo le nuove divisioni provocate dal referendum sull’articolo 18?
«Non mi pare che le divisioni che potrebbero essere provocate dal referendum possano condizionare questo processo. Non è materia che riguarda il programma di governo per la Sardegna e d’altro canto Rifondazione ha nazionalmente manifestato l’intenzione di raggiungere accordi locali per le prossime amministrative».

— E’ verosimile che il referendum, anzichè essere un danno per la sinistra, possa invece ricompattare la sinistra di governo e quindi l’Ulivo?
«Per quanto riguarda il referendum, lo considero dannoso poiché contrappone le legittime aspirazioni di una parte del mondo del lavoro, che pretende la tutela dei propri diritti, con le esigenze delle piccole e medie imprese che rappresentano una parte fondamentale del tessuto economico del Paese. Bisogna, con un’adeguata soluzione legislativa, cercare sino all’ultimo di evitare questo scontro, che spacca non la sinistra ma il Paese».

— Un altro obiettivo dell’Ulivo in Sardegna è quello di allearsi al Partito sardo d’Azione. Perché i sardisti dovrebbero scegliere il Centrosinistra?
«Il Psd’Az nel corso della sua lunga storia ha sempre visto crescere i suoi consensi quando era parte di uno schieramento progressista e di sinistra. Già questo potrebbe essere un importante elemento di riflessione per gli amici sardisti».

— E cos’altro ancora?
«Oggi lo spettacolo offerto dal centro destra dovrebbe indurre senza tentennamenti una forza con quella storia e tradizione a capire che per rendere possibile una politica di sviluppo e di rafforzamento dell’autonomia regionale occorre ricomporre un ampio schieramento di centrosinistra e sardista. D’altro parte, quando si è riusciti a stare uniti si è sempre vinta la competizione col centro destra».

— Nel suo ultimo libro lei sostiene che il centrosinistra è stato sconfitto non per quello che ha fatto stando al governo ma per quello che non ha fatto: nel senso che non ha spinto sino in fondo sulla strada del riformismo. Non pensa che, come ha dimostrato pure la Sardegna con le cinque crisi di giunta tra il 1994 e il 1999, abbiano avuto un peso determinante anche le divisioni interne?
«Senza alcun dubbio hanno pesato. Basti pensare che se ci fossimo alleati con Rifondazione e con la lista Di Pietro il risultato delle ultime politiche sarebbe stato diverso. Nel mio libro ho comunque cercato di svolgere una riflessione più approfondita e meditata sull’esperienza di governo dell’Ulivo e ne ho tratto alcune conclusioni».

— Quali?
«In primo luogo, tanto più alla luce di come oggi sta governando la destra, quella esperienza di governo andrebbe valorizzata e non rimossa. Inoltre, nel fare il bilancio, emerge che su alcune questioni ha prevalso, nel centrosinistra, una certa timidezza riformatrice rispetto ai cambiamenti necessari».

— Subito dopo le elezioni del maggio 2001, parlando proprio in Sardegna come presidente di Italianieuropei, lei disse:”La vittoria di Berlusconi non è un dramma”. Alla luce di questo primo anno e mezzo di di governo, è ancora di questa opinione?
«Il governo Berlusconi ha sinora prodotto risultati molto negativi in tutti i campi della vita del Paese. Ricordo per tutti l’aggravamento della crisi economica: tornano a crescere i prezzi, non diminuiscono le tasse e soprattutto non torna a riproporsi il tema del debito pubblico che le politiche del centrosinistra avevano riportato sotto controllo e verso una progressiva riduzione. La nostra opposizione a questo governo è stata netta e dovrà sempre più accompagnarsi a una forte capacità propositiva del centrosinistra. Se sapremo parlare al Paese ci saranno tutte le condizioni per ritornare al governo come dimostrano i sondaggi di questi giorni, il successo delle ultime amministrative e come, sono certo, dimostrerà il risultato delle prossime amministrative anche in Sardegna».

— E il”dramma”?
«Questo intendevo dire in quella occasione: in una democrazia dell’alternanza si vince o si perde e un centrosinistra all’altezza dei nuovi compiti non deve vivere come un dramma una sconfitta elettorale ma attrezzarsi per la rivincita».

— E’ ottimista?
«Siamo sulla buona strada».