Francesco Rutelli


da La Nuova Sardegna
28 marzo 2006

«Stato e Regione uniti,
il governo Prodi
sarà amico dei sardi»


di Filippo Peretti

- Francesco Rutelli, lei ha appena sottoscritto il cosiddetto decalogo per la Sardegna. I tre punti principali sono entrate fiscali, continuità territoriale e servitù militari. Quali impegni può prendere?
«Rispondo punto per punto. Ma prima è necessaria una premessa».

- Prego.
«Ho molto apprezzato le parole di Renato Soru sulla Margherita e sul suo ruolo nella maggioranza e nella giunta regionale. Ora il nostro obiettivo è di formare, con la guida di Prodi, un governo amico della Sardegna».

- Veniamo al concreto. Quali impegno sulle entrate?
«Sui livelli di trasferimenti è evidente che è lo Stato a essere in debito e la Regione in credito».

- Quindi il riequilibrio ci sarà?
«Abbiamo due grandi obiettivi: riequilibrare gradualmente le risorse verso i diritti della Sardegna e assicurare che le risorse disponibili non vadano in assistenza, ma in politiche di sviluppo, in programmi concreti per far ripartire crescita e lavoro».

- Sarebbe la Regione a gestire le risorse?
«Di Soru e della sua giunta noi ci fidiamo».

- Sulla continuità territoriale?
«Ricordo che fu il Centrosinistra a varare la legge, mentre il Centrodestra ha perso molto, troppo tempo. Oggi l’insularità è uno svantaggio che la Sardegna paga anche in termini di collegamenti».

- Non sono poche le ricette per superare l’handicap dell’insularità. Lei cosa propone?
«Deve diventare un’opportunità grazie alla nuova dimensione mediterranea delle politiche economiche e internazionali di un possibile governo Prodi».

- Eccoci alle servitù militari.
«Si tratta di negoziare tra governo centrale e giunta regionale un cambiamento visibile e forte, per ridimensionare le servitù e valorizzare il primo bene della Sardegna, ovvero il territorio e la sua bellezza».

- Quali scadenze?
«Ci vuole, certo, una dose di gradualità. L’assonanza politica tra un governo di Centrosinistra e la giunta Soru può aiutare a pilotare in modo intelligente questi processi».

- Alla Maddalena ci sono preoccupazioni di natura economica e occupazionale dopo l’annunciato addio degli americani.
«Bisogna accompagnare il passaggio da una dimensione economica locale molto dipendente dalla base a nuove prospettive di sviluppo che non lascino nessuno senza un futuro di lavoro».

- Qual è il suo giudizio sull’azione della giunta Soru?
«Decisamente positivo: si è iniziato un cambiamento profondo. E anche se in alcuni settori sono necessarie accelerazioni, la discontinuità col passato è nettissima».

- Basta la discontinuità per dare un giudizio positivo?
«Ma io dico che per correttezza, impegno e competenza siamo ad anni luce di distanza dalla catastrofica esperienza del Centrodestra».

- Come giudica le critiche alla giunta da parte delle parti sociali, in particolare del sindacato, su lavoro, riforme e industria?
«Sarei preoccupato piuttosto da un sindacato che si considerasse come un partito di maggioranza della giunta regionale».

- Teme effetti negativi in campagna elettorale?
«Non ci sono conseguenze. Le organizzazioni debbono essere autonome, conservare la propria libertà di giudizio ed esercitarla, libertà che talvolta può essere d’aiuto per chi governa».

- Non sempre l’autonomia delle parti sociali viene apprezzata e rispettata.
«Per questo abbiamo criticato, ad esempio, il collateralismo della precedente giunta di Confindustria nei confronti del governo Berlusconi, così come condanniamo le assurde invettive del premier contro Montezemolo».

- Anche i giovani della Margherita sarda le hanno consegnato un documento: lamentano che la loro è, dal dopoguerra, la prima generazione che sta peggio di quella che la precede. Che fare?
«Hanno ragione. E infatti il nostro programma prevede misure per dare sicurezza sul futuro, a partire dallo stop al lavoro precario».

- Il Partito democratico è sempre più vicino?
«Vogliamo fare e faremo il Partito democratico un minuto dopo la chiusura delle urne. Per questo è fondamentale il successo della lista dell’Ulivo alla Camera e anche della Margherita al Senato».

- Per rafforzare la stabilità di governo?
«E per fornire a Prodi forza e baricentro in termini di programma, equilibrio e capacità di innovazione in una legislatura in cui ci attendono grandi cambiamenti per l’economia e la società».

- Un progetto solo finalizzato al governo?
«E’ una sfida coraggiosa, un nuovo inizio che non dovrà coincidere né con una egemonia delle culture della Margherita su quelle della sinistra, né con la quarta tappa lungo la storia del Partito Comunista, poi Pds e oggi Ds. Una costruzione che vada piuttosto nella direzione di un pluralismo di culture per affrontare con libertà e creatività i problemi del ventunesimo secolo».

- Fassino propone i gruppi unici dell’Ulivo a Camera e Senato. E’ d’accordo?
«Gli aspetti organizzativi, seguiranno naturalmente la scelta politica netta che abbiamo fatto. Su mia proposta, la Margherita ha preso una decisione all’unanimità alcuni mesi fa nella sua Assemblea federale, presieduta da Arturo Parisi. Partirà quindi un processo politico dal basso, che coinvolgerà l’intero territorio nazionale e comporterà una integrazione crescente dei livelli
parlamentari e istituzionali».

- Ottimista sulla vittoria?
«Sono fiducioso che il Centrosinistra ce la possa fare».

- Lei ha detto che il nervosismo e gli insulti di Berlusconi e dei suoi alleati derivano dal fatto che il distacco è ormai incolmabile.
«Guai, però, a dare per scontata la vittoria perché milioni di italiani sceglieranno in questi ultimi giorni e noi dobbiamo farci trovare prontissimi».

- Quali i vostri messaggi vincenti?
«Quelle su cui la Margherita per prima ha insistito, e che oggi sono patrimonio di tutto il Centrosinistra: il taglio delle tasse sul lavoro e le politiche attive per la famiglia. Vogliamo ridurre il carico fiscale per le imprese che innovano e danno buona occupazione. Vogliamo combattere la precarizzazione del lavoro, perché non vogliamo vedere mai nelle città italiane quello che sta accadendo nelle grandi città francesi. Sulla famiglia, puntiamo su più asili nido, sostegno alla condizione della donna per aumentare l’occupazione femminile, misure concrete per l’acquisto o l’affitto di alloggi per le giovani coppie, più conoscenza per i nostri giovani.

- Nel 2001 perdeste a causa delle divisioni. Stavolta?
«Il vero messaggio vincente è proprio questo: noi - il centrosinistra di Prodi, l’Ulivo, Margherita e Ds - siamo le forze che uniscono il Paese, dopo lunghi anni di divisione, conflittualità e della assurda volontà di Berlusconi di spaccare l’Italia. E’ stata questa la sua cifra durante la campagna elettorale: aggressioni, insulti, terrorismo psicologico su materie inventate come tasse su titoli e abitazioni che non esistono nel nostro programma. Vogliamo tornare ad unire il paese, costruendo soluzioni e decisioni con la partecipazione più ampia possibile. Dopo cinque anni di questa destra, dobbiamo affrontare una vera e propria ricostruzione del Paese».

- Le sue aperture all’Udc hanno allarmato gli alleati dell’Unione.
«Non vedo davvero nessun motivo di allarme».

- Se, come lei ha detto, ci sarà la fine dell’esperienza della Cdl, si potrebbe andare a un bipolarismo di tipo europeo tra centro e sinistra con la scomposizione degli attuali poli?
«Siamo saldamente nel Centrosinistra, e come partito di centrosinistra ci rivolgiamo anche a quegli elettori indecisi che magari in passato hanno votato per il centrodestra e oggi potrebbero finalmente dar vita ad una maggioranza larga per vincere e governare».

- E l’ipotesi del grande centro?
«Non ci abbiamo mai pensato, tanto è vero che siamo determinati a dare vita alla prospettiva strategica del Partito democratico. Ci sono intere praterie per un Centrosinistra equilibrato, capace di conquistare il consenso di molti moderati, anche di chi ha votato per il Centrodestra».

- Non manca certo la competizione tra moderati.
«L’Udc di Casini si dibatte in una difficoltà profonda perché ha perso la sua credibilità di forza moderata».

- L’Udc di Casini punta proprio sulla competizione con gli alleati e con voi per vincere.
«E invece merita di perdere perché ha votato senza battere ciglio tutte le leggi ad personam più vergognose di questi cinque anni di Berlusconi. Troppo comodo cercare di apparire moderati dieci giorni prima del voto».

- Si fa più teso il rapporto della Rosa nel Pugno con la Margherita su quella che Pannella definisce la vostra deriva “clericale”.
«Nessuno di noi, ci mancherebbe altro, nega ai Radicali il diritto di esprimere le proprie idee e convinzioni. Ma dico che sarebbe meglio che anche altri pensassero a polemizzare con Berlusconi e non con gli alleati».

- E i temi in contrasto?
«Su materie sensibili come le unioni civili, che non devono essere matrimoni di alcun tipo, o le dichiarazioni anticipate per l’ultimo tratto della vita della persona, né eutanasia, né accanimento terapeutico verso gli ammalati, l’Unione, su proposta della Margherita, ha trovato una posizione condivisa da tutti i partiti, sottoscritta da Rifondazione come dall’Udeur ma che la Rosa nel Pugno non ha condiviso. Tutti devono avere, però, gli stessi diritti».

- Si riferisce alla lettera dell’ex presidente delle Acli e della leader di Scienza e Vita, candidati della Margherita?
«Noi rispettiamo le opinpioni altrui e non si capisce perché candidati di specchiata serietà e preparazione come Luigi Bobba o Paola Binetti non possano esprimere le proprie convinzioni ed essere ascoltati con pari attenzione e rispetto».

- Le polemiche della Rosa nel Pugno sono una ricerca di visibilità o un segnale che sarà difficile la convivenza tra cattolici e “laicisti”?
«E’ comprensibile che nell’ultima parte della campagna i partiti più piccoli cerchino di segnalarsi con posizioni piuttosto marcate».

- Non ci saranno problemi per il governo?
«Vedrà che dall’11 aprile, grazie anche a quella base comune che è il programma del Centrosinistra, sapremo lavorare senza esasperazioni tutti insieme».