Silvio Berlusconi (2009)

da La Nuova Sardegna
24 gennaio 2009

«Cappellacci rilancia l’isola»

Verso le elezioni regionali duro attacco a Soru: «Ha fallito»

di Filippo Peretti

— Presidente Berlusconi, chi è il candidato anti-Soru, lei o Cappellacci?
«Il rivale di Soru è Ugo Cappellacci, che è già primo nei sondaggi e vincerà le elezioni. L’anti Soru di Soru è anzitutto Soru stesso con il suo percorso fallimentare sia nella gestione delle sue aziende sia sul piano del governo della regione con il bilancio disastroso per i continui litigi con la sua maggioranza, litigi che lo hanno costretto alla farsa delle dimissioni anticipate».

— Il suo impegno diretto e così intenso nella campagna elettorale non mette in ombra Cappellacci?
«Quale ombra? Il nostro candidato sta conducendo una visibilissima ed eccellente campagna elettorale di ascolto e di proposta. Io sono un convinto sostenitore del progetto che il centro-destra ha messo in campo per la Sardegna. Partecipo come innamorato della Sardegna per dare un mio contributo per la crescita della nostra isola».

— La scelta del candidato è stata una sorpresa. C’erano molti aspiranti: sindaci, consiglieri regionali, parlamentari. Per via del voto anticipato è una campagna elettorale molto breve: come siete arrivati a Cappellacci che tra tutti era il meno conosciuto?
«Abbiamo consultato gli alleati e insieme abbiamo valutato l’opportunità di scegliere un uomo nuovo. A quel punto le indicazioni di tutti si sono concentrate su Ugo Cappellacci, che viene dal mondo delle professioni e non un professionista della politica. Un candidato, tuttavia, che ha già maturato un’ottima esperienza come amministratore della Regione e del Comune di Cagliari, oltre che come coordinatore regionale di Forza Italia. In più Cappellacci ha l’età giusta, 48 anni, una splendida famiglia e tre figli per l’avvenire dei quali si sente impegnato a combattere. Soprattutto è un uomo pragmatico, positivo, ottimista: il tipo ideale del “candidato governatore” auspicato da tutti coloro che vogliono bene alla Sardegna, liberali e moderati, cattolici e laici, autonomisti e sardisti. Non a caso col Popolo della Libertà si è schierata un’alleanza che non ha precedenti nella politica della Sardegna e che va dai Riformatori al Partito sardo d’azione».

— Le elezioni sarde sono un test nazionale? Più per lei o più per Soru?
«Il 15 e 16 febbraio si sceglie il governo della Sardegna, o meglio, si decide il futuro della Sardegna. Si sceglie se tenere la nostra isola chiusa, segregata e senza futuro o aprirla a nuovi orizzonti, a nuove opportunità di sviluppo e di occupazione. Le elezioni politiche nazionali si sono già svolte nell’aprile scorso e come lei ben sa le abbiamo largamente vinte. Soru, che ha pochi argomenti per farsi votare, cerca di scatenare una contesa con il presidente del Consiglio. E’ un tentativo ridicolo di nascondere i propri fallimenti. Per me, voglio ripeterlo, l’unica vera sfida è quella di contribuire alla soluzione dei problemi della Sardegna. E’ l’unico traguardo che mi interessa».

— Perché stavolta c’è anche l’Udc nella coalizione? E’ un segnale nazionale?
«Gli uomini dell’Udc in Sardegna hanno sempre collaborato lealmente con il centrodestra. E’ stato naturale per le forze politiche sarde schierare una coalizione che ha costituito l’opposizione di questi anni alla giunta di centrosinistra».

— Lei ha parlato delle elezioni sarde durante la riunione del consiglio dei ministri. I recenti provvedimenti del governo su federalismo fiscale e insularità e il “piccolo Piano Marshall” annunciato da La Russa non rischiano di apparire come propaganda elettorale?
«La rimando al Piano che presentai io stesso ad Alghero quasi un anno fa, nell’aprile 2008. Sa qual’era il primo punto? L’insularità e la sua introduzione nella legge sul federalismo fiscale. Nel provvedimento che il Senato ha appena approvato abbiamo inserito quell’impegno. Una svolta storica, un risultato concreto e importante. Noi facciamo, gli altri chiacchierano».

— In caso di vittoria del Centrosinistra il suo governo che rapporti terrà con la Regione?
«Il centrosinistra non vincerà le elezioni e quindi non si porrà questo problema. Il nostro è un governo che lavora per il bene di tutto il Paese. Siamo al governo per risolvere i problemi non per meschina contrapposizione con chicchessia. Certo, se i progetti politici coincidono, se vi è una unità di vedute tra il governo centrale e quello regionale si può fare molto di più, piuttosto che contrapporsi sui problemi e sulle soluzioni».

— I sardisti parlano di nazione sarda e confermano l’indipendentismo. Le hanno regalato la bandiera dei Quattro Mori, ma come è possibile conciliare quel progetto con la vostra visione dell’Italia?
«La tradizione autonomista del Partito sardo d’azione si concilia alla perfezione con le istanze del federalismo fiscale che premia il buon governo locale. Inoltre il governo che presiedo, dopo 60 anni di storia autonomistica, ha introdotto un principio sull’insularità che rende giustizia a decenni di rivendicazioni sardiste. Basterebbe questo dato per spiegare la vicinanza tra il Popolo della Libertà e il Partito sardo d’azione i cui esponenti hanno condiviso fino in fondo il nostro programma e hanno abbandonato l’alleanza di sinistra per passare con noi».

— Uno dei punti dell’accordo con il Psd’Az è la denuclearizzazione dell’isola. C’è invece l’idea del ministro Scajola di prevedere una centrale nucleare in Sardegna?
«Siamo nell’ambito della totale disinformazione. Non è esistita mai e mai esisterà nessuna ipotesi di centrale nucleare in Sardegna. Così come non è mai esistita l’ipotesi di un centro di stoccaggio di scorie nucleari. La sinistra è sempre la stessa: non rinuncia mai a ribaltare la realtà».

— Due dei punti programmatici più distanti dalla giunta Soru sono la politica ambientale e l’istruzione. Al recente referendum regionale contro la legge salvacoste e il piano paesaggistico l’affluenza alle urne ha però superato di poco il 20 per cento. Come giudica quel voto nella prospettiva delle elezioni regionali?
«Intanto quella legge non salva di certo le coste, anzi costituisce il più grande potenziale speculativo mai messo in campo in Sardegna. Ha deprezzato tutti i valori immobiliari, delle zone interne e di quelle costiere. Di conseguenza qualcuno è stato costretto a vendere a basso costo e qualcuno ha comprato a mani basse. E la Regione con le famose “intese ad personam” ha eliminato vincoli e favorito gli amici di turno. Questa grande speculazione non deve essere consentita. Il referendum ha ottenuto 270.000 voti favorevoli, oltre il 90% cento dei votanti. In una vera democrazia vince chi va a votare, non chi si astiene. La realtà è un’altra: la Regione ha omesso quella pubblicità istituzionale che sarebbe stata obbligatoria sul referendum. Da un nostro sondaggio è emerso che oltre il 60% dei sardi ignorava il referendum. Quel risultato per noi va interpretato così: i sardi “che sapevano” hanno bocciato sonoramente la politica dei divieti indiscriminati».

— Sull’istruzione Soru vi accusa di aver predisposto solo tagli e sottolinea invece i finanziamenti decisi dalla sua giunta.
«E’ lo stesso campionario di menzogne che la sinistra ha sciorinato per settimane sulle piazze, raccontando agli italiani l’esatto contrario della realtà. Dicevano che con il maestro prevalente avremmo tagliato 83 mila insegnanti, ma non c’è stato neppure un licenziamento. Dicevano che avremmo ridotto l’orario scolastico, abbiamo invece aumentato il tempo pieno, che piace tanto alle famiglie, impiegando in modo più proficuo gli insegnanti in organico. Abbiamo deciso cose di puro buon senso, come il ripristino dei voti al posto del giudizio, la riadozione del grembiule, che evita ogni disparità tra gli alunni ricchi con gli abiti griffati e quelli più poveri, e, su richiesta delle famiglie, abbiamo reintrodotto il voto in condotta per contrastare violenza e bullismo».

— Quali sono le priorità specifiche della Sardegna per sviluppo e occupazione?
«Il turismo e l’ambiente naturale, che in Sardegna è tra i più belli al mondo, sono i due “asset” strategici sui quali si deve puntare. Il turismo, insieme al commercio, dà lavoro al 67,8 per cento degli occupati sardi e anche nell’ultimo anno - nonostante la crisi - ha creato 24 mila nuovi posti di lavoro. Sono numeri che possiamo migliorare, considerando che nei prossimi anni il turismo mondiale avrà uno sviluppo del 50 per cento. Il turismo deve estendersi a tutti i mesi dell’anno e a tutta la Sardegna. Quindi non solo mare e spiagge ma anche nuove proposte come infrastrutture per il turismo congressuale, i centri-benessere, il turismo archeologico e culturale e le attività che portano a contatto con l’ambiente, come il golf, la vela, il turismo equestre, l’escursionismo nelle zone interne. Questa diversificazione verso un turismo globale, che duri tutto l’anno, è una tendenza che dobbiamo perseguire e incoraggiare. Stiamo studiando anche il modo per creare nuova occupazione, per sostenere e stimolare quella rete di 150.000 imprese piccole e piccolissime, commerciali e artigianali, che costituiscono il tessuto economico dell’isola».

— Puo indicarci un esempio?
«Gli aereoporti di Fenosu e di Tortolì, sono funzionanti ma quasi inutilizzati. Si dovranno dare in gestione direttamente alle compagnie aeree low cost, che sono insuperabili nell’attirare turisti come ha dimostrato la Ryanair, che grazie all’accordo stipulato con la giunta Pili ha portato ad Alghero lo scorso anno più di un milione di turisti. Un altro esempio. La riforestazione e la valorizzazione della macchia sarda: il mirto, il lentischio, il corbezzolo, l’ulivastro e il ginepro sono essenze sempre verdi che necessitano di poca acqua e possono essere riprodotte in Sardegna e vendute in tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo. Con questo piano di “Sardegna verde” si potrebbero creare 10-15 mila nuovi posti di lavoro. Fondamentale sarà poi il rilancio del piano per le infrastrutture strategiche, che dovrà dare la dimensione di autostrade a quattro corsie e alle due direttrici Nord-Sud, la Carlo Felice e la Cagliari-Olbia-Santa Teresa, e ai tre assi trasversali Sassari-Olbia, Oristano-Tortolì e la Sulcitana».

— Lei si è impegnato sulla chimica e in particolare su Porto Torres, ma l’hanno accusata di aver fatto solo una mossa elettorale. C’è una soluzione duratura?
«Avrei dovuto forse rimanere a guardare? Invece, sono intervenuto con l’Eni, ho valutato con loro la situazione e ho raggiunto un accordo, reso pubblico dal loro amministratore delegato Paolo Scaroni. Ora tutti i lavoratori torneranno in fabbrica. Sarà riavviato il craking per la produzione di etilene, saranno mantenuti in piena efficienza gli impianti per la produzione di cumene e fenolo che hanno subìto una fermata tecnica congiunturale e non strutturale. E abbiamo insediato un tavolo per la chimica che dovrà traguardare al futuro di tutta la chimica in Italia. Altro che mossa elettorale».

— La grande industria è da salvare? Ma come renderla competitiva perché non sia continuamente minacciata di chiusura?
«Lavoreremo ad accordi e contratti di programma settoriali e soprattutto metteremo in campo tutte le forze per risolvere il “gap” energetico della Sardegna. Riprenderemo il progetto del nostro governo e della giunta Pili per realizzare il metanodotto dall’Algeria, per realizzare il cavo elettrico Sapei da 1000 megawatt che consentirà di connettere l’isola col mercato elettrico europeo e poi vareremo in Senato un provvedimento già approvato dalla Camera che consentirà lo sgravio di costi per le industrie energivore. Se queste condizioni saranno realizzate, come noi ci impegniamo a fare, l’industria sarda sarà in condizione di competere e quindi di avere un futuro».

— Ma sul metanodotto, Soru ha rivendicato i meriti al governo Prodi e alla sua giunta.
«Soru e Prodi col metanodotto non c’entrano niente, lo ha deciso il nostro precedente governo con la legge del novembre 2002. Gli accordi furono siglati in Sardegna dalla giunta Pili e dal nostro governo. Soru e Prodi, come al solito, hanno bloccato tutto, Noi rimetteremo in moto l’isola. Basta che i sardi ci diano fiducia».