Massimo D'Alema (2009)

da La Nuova Sardegna
9 febbraio 2009

"Alcune scelte della Sardegna
valgono per l'intero Paese"


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Massimo D’Alema è oggi in Sardegna per sostenere il candidato del Centrosinistra alla presidenza della Regione, Renato Soru, e le liste del Pd. L’ex ministro degli Esteri sarà in mattinata a Cagliari (hotel Mediterraneo, ore 11) per un convegno, con Soru, su «La Sardegna al centro dell’area euromediterranea». Alle 16.30 D’Alema sarà a Serrenti per l’inaugurazione della sede del partito e alle 19.30 interverrà a Sassari (teatro Ariston) per una manifestazione pubblica in vista delle elezioni regionali del 15 e 16 febbraio. In questa intervista, interamente dedicata ai temi sardi della campagna elettorale, D’Alema promuove l’esperienza politica di Soru, che egli aveva sponsorizzato nel 2004, e diverse scelte di governo.

— Massimo D’Alema, queste elezioni regionali sono anche un test politico nazionale e in particolare per Berlusconi e Veltroni?
«Credo che le elezioni regionali riguardino il futuro della Sardegna. In generale sono contrario a considerare gli elettori come se fossero interpellati per un sondaggio. Tra Veltroni e Berlusconi, poi, è Berlusconi che si è messo in gioco come se il candidato fosse lui».

— Come giudica il ruolo assunto da Berlusconi in questa campagna elettorale?
«Del tutto improprio, e direi persino sgradevole per il candidato del Centrodestra, soffocato com’è dalla presenza di Berlusconi che non si capisce se sia nella veste di capo del governo o di illustre turista».

— Lei ha sostenuto la discesa in campo di Renato Soru per le elezioni del 2004. Per quali ragioni?
«Soru è una delle personalità più significative della Sardegna, direi emblematica delle potenzialità che questa terra ha per proiettarsi nella dimensione di un mondo globalizzato in cui le comunicazioni, la rete, acquistano un valore cruciale. Indubbiamente la politica sarda, pur in presenza di diverse personalità, aveva bisogno di un elemento di innovazione e di freschezza».

— Come giudica l’azione di governo di Soru?
«Ha lavorato per restituire alla Sardegna autonomia e opportunità: ambiente, cultura, territorio e gestione della sanità come punte di eccellenza. E uno sforzo per riavviare i settori produttivi. Un’azione chiara, anche se tra ostacoli e difficoltà. Ha coltivato, con una carica di orgoglio, l’idea dell’isola e della sua prospettiva, per una sfida di modernizzazione che vale per tutto il Paese».

— Come giudica il Soru politico?
«Ha la forza e il fascino di una personalità che vive la vita politica con le caratteristiche dell’impolitico, da cittadino. Ciò può renderlo una presenza spigolosa, ma la politica ha bisogno di nuove professionalità, nuovi profili che rompano la tradizione dei riti della mediazione. Testimonia che la politica può aprirsi a figure che non siano quelle classiche dell’uomo politico».

— A questo proposito, dato che se ne parla da tempo, pensa che Soru possa essere il futuro candidato alla segreteria nazionale del Pd?
«Soru è una persona seria. Si sta candidando a fare il presidente della Sardegna, non ho dubbi che lo farà per l’intero mandato. Non è pensabile che uno come lui dica una cosa immaginando di farne un’altra. Si vedrà tra cinque anni, mi sembra un futuro abbastanza lontano».

— Qual è a suo avviso la scelta che ha caratterizzato l’azione della giunta Soru?
«La più caratterizzante mi sembra quella della cultura. La Sardegna ha investito come mai prima in formazione e cultura, che è una delle risorse perché riguarda l’avvenire di un Paese».

— Quali interventi, in particolare, l’hanno convinta di più?
«Penso ai programma per gli universitari che possono specializzarsi nelle migliori facoltà italiane e straniere per poi tornare nell’isola, penso al contributo per gli studenti che si diplomano con un voto alto. Vuol dire investire sul futuro, cosa che deve fare tutto il Mezzogiorno. Soru lo ha fatto».

— Lei ha detto che il presidenzialismo ha svuotato di poteri le assemblee elettive di Comuni, Province e Regioni. Come rimediare senza mettere a rischio la governabilità?
«Innanzitutto resto convinto che l’elezione diretta del sindaco e dei presidenti di Regioni e Province sia stata una riforma positiva. Invece considero con preoccupazione lo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive. Intendo quei poteri penetranti di controllo e di vigilanza, che sono fondamentali quando c’è una figura istituzionale forte perché eletta direttamente dai cittadini, come nel caso dei sindaci e dei presidenti».

— Così si restituirebbe autorevolezza ai Consigli?
«Sarebbe anche utile, a questo scopo, ridurre il numero dei consiglieri. Il Senato americano è autorevole anche perché è composto di cento membri. Se fossero mille non sarebbe lo stesso».

— In queste elezioni regionali la coalizione di centrosinistra comprende, oltre che Pd e Idv, anche Rifondazione, Pdci, La Sinistra e la neonata formazione dei Rossomori. Anche se manca ancora il Partito socialista, rispetto alle politiche dello scorso aprile è una coalizione più ampia. Può essere un fatto positivo anche per i rapporti nazionali?
«A mio giudizio negli Enti locali e nelle Regioni dobbiamo ricostruire un forte centrosinistra. Questa alleanza ampia è un fatto importante per la Sardegna ed è positivo in generale».

— Teme che le tensioni sullo sbarramento del 4 per cento per le elezioni europee possano divaricare ulteriormente le posizioni?
«Io spero di no. La mia posizione sullo sbarramento non è stata dettata da una contrarietà al senso della proposta, ma era dovuta proprio al significato politico che essa poteva assumere».

— Cosa significa centrosinistra ampio?
«Certo non vuole dire tornare alla frammentazione e ai difetti del passato. Per la Sardegna non vedo rischi: la personalità di Soru e la chiara convergenza programmatica sono garanzia di stabilità e di governo».

— Il Partito sardo d’Azione, dopo la rottura del 2004 con il Centrosinistra, questa volta si è alleato con il Centrodestra. Cosa ne pensa?
«Mi ha davvero stupito. La battaglia di Soru ha anche un chiaro connotato sardista: sembra un referendum tra Sardegna e Brianza. Che i sardisti stiano con la Brianza mi pare francamente improprio».

— Il Pd sardo si era diviso prima delle dimissioni di Soru, tanto da essere commissariato. Quelle divisioni sono state davvero superate?
«Mi pare che il commissario stia lavorando bene e con rispetto per il Pd sardo. Raccolgo impressioni positive. Il clima mi sembra migliorato, molte ferite si sono rimarginate».

— Per sottolineare il rinnovamento, il Pd in Sardegna ha scelto di applicare la regola, senza deroghe, del tetto massimo di due legislature. E’ una linea che può essere esportata dappertutto?
«Vengo da un partito che applicava la regola dei due mandati. Quindi vuol dire che si può fare. Naturalmente richiede anche una certa flessibilità. Evidentemente in Sardegna è stato avvertito un forte bisogno di rinnovamento».

— Lei parteciperà a Cagliari a un’iniziativa sulla politica euromediterranea e sul ruolo della Regione. In relazione al mercato di libero scambio (il 2010 è ormai alle porte) quale contributo può dare la Sardegna e in cambio di quali vantaggi?
«E’ chiaro che la Sardegna deve guardare a questa scadenza come a una sfida. Tale è infatti la libera circolazione delle merci, che apre una competizione con Paesi emergenti dell’altra sponda. Ma è anche evidente l’opportunità di esportare prodotti di qualità e di costruire una cooperazione economica».

— La Sardegna può sfruttare la sua posizione al centro del Mediterraneo?
«Certamente sì e non solo come piattaforma logistica ma soprattutto come opportunità culturali e produttive. Ciò, naturalmente, investe anche la politica estera, perché è tutto legato a una politica di pace e di dialogo con il mondo arabo».

— Nell’isola sono esplose di recente nuove crisi industriali, con i casi più gravi a Porto Torres, Ottana e Portovesme. La grande industria ha qui ancora una funzione?
«Innanzitutto la politica industriale, quando si tratta di settori strategici, deve farla il governo. E il governo non ha una politica industriale, si limita a qualche intervento tampone solo perché è incalzato dalla Fiat. La crisi investe tutto il Mezzogiorno, dove c’è un’industria di settori, come si dice, maturi».

— Cosa deve fare la Regione?
«La Regione può investire nei settori che le competono, come l’agroindustria e la piccola impresa. E può occuparsi delle riconversioni».

— Nelle sue ripetute visite elettorali nell’isola, Berlusconi ha annunciato una serie di interventi anche a favore dell’industria sarda.
«Il presidente del Consiglio, anziché fare comizi elettorali, farebbe bene a occuparsi della grave crisi che colpisce il Paese. Cosa più corrispondente al suo vero mandato».

— A proposito di interventi per la Sardegna, il premier ha rivendicato il merito del gasdotto. Non non se è occupato anche lei da ministro degli Esteri?
«Berlusconi è talmente bravo che convincerà gli italiani che la presidenza del G8 non è un turno ma è un riconoscimento alla sua politica estera fatta di amicizie personali».

— E i meriti per il gasdotto di chi sono?
«Come è ben noto, è stato il governo Prodi a firmare ad Alghero l’accordo con l’Algeria, frutto della nostra politica verso il mondo arabo e di un lavoro che ha coinvolto anche gli imprenditori».

— Stesso discorso per il G8?
«Certo, è stata del governo Prodi la decisione del G8 alla Maddalena, della liberazione dell’arcipelago dalla presenza militare. Berlusconi, però, un merito ce l’ha».

— Quale?
«Quello di aver confermato le nostre decisioni. Per il resto, come è ben evidente, ha la tendenza a parlare senza più controllo, non sempre con rispetto della verità. Anzi, si fa prima a dire i casi in cui la rispetta».

— Per chiudere. E’ ottimista sul voto sardo.
«Quando mi fanno queste domande alla vigilia delle elezioni, io che sono meridionale tocco un amuleto. Lei non mi vede, ma io lo sto facendo».