Giuliano Amato (2010)

«Sovranità? Idea incompatibile»

Il ricordo del «no» del governo Prodi
alla legge sarda del 2006
e il ricorso alla Corte costituzionale,
la crisi della nazione, il prevalere
della politica fatta solo di presente

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Giuliano Amato non viene colto di sorpresa e boccia subito, senza riserve, l’idea della «sovranità del popolo sardo» contenuta in alcune mozioni discusse dal Consiglio regionale nella sessione sulla riforma dello Statuto. E ricorda che, lui ministro dell’Interno, fu il governo Prodi, nel 2006, a dire il primo «no».

Presidente del comitato dei garanti per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Amato ha partecipato ieri mattina a Cagliari a una tavola rotonda organizzata dalla Sissco (Società italiana per lo studio della storia contemporanea) e presieduta da Aldo Accardo. Prima ha risposto ad alcune domande dei giornalisti («niente politica») citando il ricorso del governo Prodi sulla legge sarda che prevedeva la Consulta statutaria e che ipotizzava la «sovranità del popolo sardo», ricorso poi accolto dalla Corte costituzionale. Amato ha quindi sviluppato gli argomenti nel suo intervento conclusivo.

— Presidente Amato, si festeggiano i 150 anni dell’Unità d’Italia ma ci sono anche spinte diverse al Nord, ma anche in Sardegna con i documenti presentati in Consiglio regionale sulla”sovranità”. Cosa ne pensa?
«La”sovranità del popolo sardo” è incompatibile con i princìpi della Costituzione repubblicana. Conosco la questione, ce ne siamo occupati con il governo Prodi. Ed è stato ribadito megli ultimi anni».

— Come spiega l’emergere di queste istanze anche da parte di forze politiche non indipendentiste?
«Il punto è proprio questo: perché non prevale più il senso comune dello stare insieme? Cosa è successo? La domanda la lascio».

— A questo fine, sono utili le celebrazioni?
«Innanzitutto siamo di fronte a una ricorrenza che in quanto tale merita di essere celebrata esattamente come fanno tutti gli Stati grandi e piccoli».

— Per l’Italia cade in un momento particolare.
«Cade in un momento in cui non c’è un sentimento condiviso sulla nazione, in cui l’unità nazionale è contestata da più parti. Proprio per tale ragione questi appuntamenti devono aiutarci».

— Perché l’unità è contestata?
«Forse perché l’unificazione è rimasta incompiuta».

— Un esempio?
«Il divario Nord-Sud è rimasto».

— Che fare quindi?
«Io penso che tutti debbiamo preoccuparsi più di trovare nuove idee per il futuro piuttosto che continuare a litigare su Cavour, Garibaldi, Mazzini e D’Azeglio».

— Sorpreso dalla richiesta di sovranità del popolo sardo?

«No, succede dappertutto. Con i leghisti, con i neo borbonici, anche come risposta alla globalizzazione. In Francia ha premiato la destra estrema, in Italia i localismi. Sono tornati fuori proprio a causa dell’unificazione incompiuta e quindi contestata».

— Perché è in crisi la nazione italiana?
«La nazione è la solidarietà dei sacrifici fatti da tutti e di quelli che siamo disposti a fare. Oggi viviamo un tempo dominato dal presente, mentre la nazione ha bisogno di futuro. Altrimenti, come ora, è esangue».

— E la politica?
«Oggi non parla per la nazione. Gli ultimi portatori di questa visione erano la Dc, il Pci, il Psi, eccetera. Non possiamo rifare quei partiti, ma possiamo recuperare la visione generale».

— Come fare?
«Per il bene dell’unità d’Italia bisognerebbe dare finalmente per acquisite le liti dell’Ottocento e iniziare a riflettere a fondo, soprattutto gli storici, sugli ultimi cinquant’anni. Forse così verrebbero fuori idee nuove».