Silvio Berlusconi


da La Nuova Sardegna
25 maggio 1999

«La mia ricetta per l’isola»

«Pili? Sindaco della Sardegna
contro i giochi dei partiti»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Silvio Berlusconi scende in prima persona nella campagna elettorale sarda. Capolista alle Europee anche nel collegio delle isole, il leader di Forza Italia anticipa nell’intervista alla Nuova le linee che illustrerà venerdì e sabato nel suo «tour» da Olbia a Sassari, da Oristano a Nuoro, da Iglesias a Cagliari. Pieno sostegno alla candidatura di Mauro Pili alla presidenza della Regione (fu proprio lui a ufficializzarla), contrapposizione al centrosinistra, programma fondato su sviluppo e libero mercato. Scommessa sul turismo, ma nel rispetto dell’ambiente.

— Presidente Berlusconi, la candidatura di Mauro Pili rappresenta, anche dentro il Polo, forse la principale sorpresa di queste elezioni regionali. Come è nata?
«E’ nata in Sardegna, nell’ambito del Polo per le libertà. E’ il risultato della comune ricerca di un candidato alla presidenza che rompesse col passato, andasse oltre il Polo e fosse in grado di rappresentare tutto l’arco di quell’ampia opposizione popolare che si è venuta raccogliendo negli ultimi anni contro il governo delle sinistre, in particolare nell’ultima, disastrosa legislatura. Pili rappresenta questa esigenza: è un giovane intelligente e capace che ha saputo amministrare brillantemente una città difficile come Iglesias, tenendosi alla larga dai giochi rovinosi dei vecchi partiti. Credo che abbia tutte le caratteristiche per diventare il Sindaco della Sardegna».

— Secondo la logica dell’alternanza il Polo, dopo cinque anni di opposizione, si candida al governo della Sardegna sfidando il Centrosinistra. A quali forze sociali vi rigolgete per trovare nuovo consenso? E per quale progetto?
«Ci rivolgiamo a tutte le forze sociali che hanno assistito al fallimento del centro sinistra e ne hanno pagato le conseguenze sulla loro pelle: praticamente a tutta la società sarda, dai disoccupati ai piccoli e medi imprenditori. Il nostro progetto punta tutto sullo sviluppo della Sardegna e conta sull’iniziativa privata per mobilitare le risorse umane e materiali in tutti i campi. La formula è semplice: meno tasse, più investimenti, più occupazione. Naturalmente, è una formula che funzione se il governo centrale spinge in questa direzione e il potere politico, a cominciare dalla Regione, leva le mani dall’economia e si dedica al buon governo della cosa pubblica».

— Alla Regione si vota ancora col sistema proporzionale e in caso di vittoria non è scontata la conquista della maggioranza dei seggi. Il Polo a quali altre forze si rivolgerebbe per formare la giunta?
«Il sistema elettorale della Sardegna tende a frantumare la rappresentanza politica e rende difficile il governo della Regione: bisognerà cambiarlo al più presto in senso maggioritario. Il Polo cerca una larga affermazione elettorale, ma mette anche in conto alleanze ampie, congeniali alla candidatura di Pili. Più precisamente, pensiamo alle forze che diedero vita al Forum delle Opposizioni e produssero insieme a noi un programma di forte impronta autonomistica che è in gran parte il nostro programma».

— Per lo sviluppo economico della Sardegna e per risolvere soprattutto il problema della disoccupazione, la sua parte politica punta decisamente sul mercato. Non c’è però il rischio che una realtà periferica come la Sardegna possa essere invece danneggiata dalle regole del liberismo? Sono da escludere forme di lavoro assistito?
«Il mercato è libera competizione di beni e servizi a dimensione ormai mondiale. Chi entra in questa competizione impiegando al meglio le proprie risorse, trova mille opportunità per crescere; chi ne sta fuori, è condannato a retrocedere e a sopravvivere con l’assistenza dei più forti. Il nostro problema è mettere la Sardegna in condizioni di competere, assicurandole, anzitutto, scuola e formazione professionale di livello europeo, fonti energetiche a giusto prezzo e trasporti efficienti. Non credo nel lavoro assistito, perchè è inevitabilmente precario, poco o nulla qualificato e spesso umiliante per chi è costretto, non avendo altro, a praticarlo. Credo, invece, nel lavoro che crea nuova ricchezza e quindi nuovi investimenti e nuova occupazione, esaltando le capacità e la dignità umana del lavoratore e dell’imprenditore».

— Anche negli spot televisivi lei conferma che una delle direttrici dello sviluppo per la Sardegna debba essere il turismo. Ritiene che sia compatibile con la tutela delle coste e del territorio?
«Con il turismo la Sardegna può competere e vincere sul mercato globale. Oggi l’industria turistica mondiale ha un fatturato di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altro settore industriale e garantisce circa il dieci per cento dell’occupazione totale. Questi dati, badi bene, sono destinati a crescere a lungo. La Sardegna ha la natura più bella del mondo, cioè la materia prima di miglior qualità per l’industria turistica, e quindi può competere con chiunque creando ricchezza e posti di lavoro anche nel suo vastissimo indotto, dall’agroindustria all’artigianato, dal commercio ai trasporti. Certamente lo sviluppo turistico è compatibile con la salvaguardia del patrimonio ambientale, come ha dimostrato l’Aga Khan. E rabbrividisco all’idea che un imprenditore così prestigioso e benemerito sia stato costretto a lasciare la Sardegna».

— Alle elezioni europee, nel collegio Sicilia-Sardegna il suo primo avversario, tra le componenti del Polo, è Mario Segni, che si è alleato con Alleanza nazionale. Pensa che sia una manovra che punta a cambiare la leadeship del centrodestra?
«Penso che Alleanza nazionale abbia realizzato l’intesa elettorale con Segni per due ragioni: intercettare una parte del voto dei referendari più convinti e portare ulteriormente avanti il processo di legittimazione del partito, considerato che nel passato Segni aveva rifiutato l’intesa con Forza Italia proprio per la sua alleanza con la destra di An. Quanto alla leadership, viene conquistata sul campo e decisa dal consenso degli elettori».

— In Italia ritorna l’incubo del terrorismo. Quali sono le cause? Quali le finalità? Pensa che la compattezza delle forze politiche di fronte a questa minaccia possa portare anche a un governo di unità nazionale?
«Nessun governo di unità nazionale. Forza Italia e il Polo sono alternativi alla sinistra, e basta. Sono però sorpreso da quello che sento e leggo. In questi anni è stata abbassata la guardia nei confronti del terrorismo. Sono stati sottovalutati, se non tollerati, atti di violenza da parte di frange estremiste: e adesso si riconosce che in quell’area si possono raccogliere addirittura proseliti per la lotta armata. Nella realtà, in tutti questi anni, il fenomeno del terrorismo è stato rimosso e mai affrontato seriamente dalla sinistra, che non vuole fare i conti con la propria storia. Oggi la sinistra di governo preferisce demonizzare Bertinotti per far dimenticare gli errori e le carenze del governo stesso su un tema così delicato: e tutto ciò per conquistare qualche voto di Rifondazione comunista».