Gavino Sale (2009)

da La Nuova Sardegna
13 febbraio 2009

"L'autonomia ha fallito
l'Irs punta solo
sulla sovranità"


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Gavino Sale, fondatore di Irs, è candidato alla presidenza della Regione. Non vuole passare per un dirigente solitario. «Molti - dice - mi identificano con il movimento, ma io non sarei niente e il movimento non esisterebbe se non ci fossero tanti e tanti dirigenti, tutti di grande valore. I candidati sono ottanta, non ci sono solo io». Consigliere provinciale di Sassari, Sale punta al grande salto nel Consiglio regionale. «Per Irs - spiega - sono ottimista».

— Gavino Sale, è la seconda volta che si candida alla presidenza della Regione. Nel 2004 prese 20 mila voti.
«Stavolta superiamo il quorum».

— Cosa è cambiato?
«Ci siamo radicati, abbiamo una forte organizzazione e una nuova robusta classe dirigente».

— Le vostre liste sono giovani. Dove li ha reclutati?
«Rappresentano tutte le categorie, artigiani, dipendenti, piccoli imprenditori, universitari e molti laureati».

— Perché hanno scelto l’indipendentismo?
«Non ne possono più di questa catalessi sociale, vogliono partecipare a un progetto che dia senso a un’esistenza libera».

— Quali sono le catene che oggi li tengono prigionieri?
«E’ la palude statica dell’autonomia sarda in cui negli ultimi decenni sono sprofondati tutti i nostri valori».

— L’Irs come promette?
«Irs è una forza vitale, direi quasi tellurica, dove teoria e prassi si fondono».

— Ma mi scusi, se l’indipendentismo ha questa forza dirompente perché il 96 per cento degli elettori sardi non vota per le liste indipendentiste?
«Perché ai sardi non era stato sinora proposto un vero progetto di unità».

— Sarà anche così, ma intanto, per l’ennesima volta, assistiamo alla divisione delle forze indipendentiste. Come la mettiamo?
«Non c’è alcuna divisione».

— E la lista di Unidade con Sollai candidato presidente?
«Ripeto, non c’è divisione. Noi rispettiamo tutti, anche se non sono di Irs. Anche noi cinque anni fa abbiamo riunito diverse formazioni».

— Vuole costruire l’unità partendo dalla divisione?
«Più liste vuol dire che è in atto un processo più ampio. Nessuno pensa al partito unico indipendentista. I partiti italiani sono tutti italiani ma non sono certo uniti in uno solo».

— Come pensate di raggiungere l’indipendenza della Sardegna?
«In forme rigorosamente non violente».

— Quando raggiungerete il 51 per cento?
«E faremo il referendum secondo le regole dell’Onu».

— Nell’attesa, lei ha rilanciato il modello irlandese: la defiscalizzazione. Se è davvero vincente perché non è stato colto dagli altri partiti?
«Per i partiti italiani è comodo tenere lo status quo. Loro temono le pulsioni che emergono dalla società».

— Ci sono queste pulsioni?
«Eccome se ci sono, chi non capisce questi processi ne verrà travolto».

— Torniamo al modello irlandese.
«Ne ho parlato anche alla Confindusrria. E lo vedono come l’unica soluzione».

— Come funzionerebbe?
«Una fiscalità molto bassa per attirare gli investimenti produttivi e una defiscalizzazione dei prodotti sardi».

— E’ possibile il protezionismo?
«In tutto il mondo ciascuno trova il modo di proteggere i propri prodotti».

— E per le esportazioni?
«Ora ci interessa conquistare l’82 per cento del mercato interno che oggi è fatto di prodotti di importazione».

— Quali altri interventi per rilanciare l’economia?
«Servono provvedimenti urgenti di carattere strutturale».

— In quali settori?
«Energia, trasporti, eccetera. Produrre in Sardegna costa il 20 per cento in più che altrove. Qualsiasi impresa italiana ed europea fallirebbe se gli aumentassero i costi del 20 per cento».

— Il governo ha accolto la richiesta sul principio dell’Insularità. E’ d’accordo?
«Sì. E ho scritto al governo italiano».

— Cosa ha scritto?
«Che il loro federalismo se lo facciano pure, a noi ci diano proprio la fiscalità differenziata».

— Cosa le hanno risposto?
«Ancora niente, ma sono fiducioso. Lo dicono gli economisti e i manager internazionali che è l’unica soluzione».

— Perché non la convince appieno la contiuità territoriale?
«Dobbiamo farci la flotta, ne abbiamo le capacità. Basta chiedere quello che è nostro e ci spetta di diritto».

— Tutti dicono che la prima energenza è il lavoro. E voi?
«Con la defiscalizzazione il lavoro nascerà ovunque».

— Altri propongono piano specifici per creare occupazione.
«Cose che servono a rattoppare l’esistente, non a cambiare. In questa campagna elettorale manca il coraggio».

— Di che tipo?
«Sono stato a un dibattito televisivo con tutti i candidati presidenti e ho provato una delusione profonda».

— Perché?
«Per me il presidente della Regione debba essere un capo di Stato e invece mi sono trovato davanti a degli aspiranti amministratori o idraulici».

— Che vuol dire?
«Si limitano a fare conti o a riparare tubi che perdono, si accontentano di governare una Regione autonoma alla periferia dell’Italia».

— Un presidente cosa può fare?
«Neanche un supercandidato può risolvere il problema, serve un nuovo processo che cambi i rapporti strutturali. Si deve passare dall’autonomia alla sovranità».

— Che è esattamente il suo slogan elettorale?
«E noi saremo una grande sorpresa».

— Ma lei non stava per fare l’alleanza con Soru?
«Pensavamo che avesse fatto una rottura nuova, invece no».

— Cosa non le è piaciuto?
«Ci desiderava come amanti, forse perché ha un partner noioso come Veltroni».