Renato Soru (2011)

«Più felice ora che nel 2004»

La vittoria di Zedda, la fine del berlusconismo,
gli inganni di Cappellacci. Le primarie sono la grande lezione che il Pd ha dato a tutta la politica, Sel non può dire di aver vinto da sola
(La Nuova Sardegna 5 giugno 2011)


di Filippo Peretti

 - Renato Soru, ha molto colpito il suo entusiasmo, direi la gioia, per la vittoria di Zedda a Cagliari.
 «Sì, ero molto felice. Ma perché l’ha colpita?».

 - Non l’aveva mai manifestata prima, almeno pubblicamente.
 «Può darsi. In questi anni di me è invalso il luogo comune di una persona triste, autoritaria e arrabbiata».

 - Non è così?
 «E’ un’immagine costruita, anche con le barzellette di Berlusconi e la satira dei miei amici de La Pola».

 - Lei come si dipinge?
 «Sono una persona normale, con gioie e preoccupazioni, come tutti».

 - E un po’ autoritaria.
 «Non è vero neanche questo. Chi ha la responsabilità di decidere, decide. Non sempre lo si può fare in modo condiviso».

 - Perché stavolta era così felice per le elezioni?
 «Eravamo dentro un fatto storico. Dopo Bologna, Torino e Olbia, i ballottaggi confermavano la fine del berlusconismo».

 - E’ davvero alla fine?
 «Non so quanti mesi o settimane ci vorranno, ma quella prospettiva terribile di Paese si sta concludendo».

 - Il dato di Cagliari contava molto per lei?
 «Vedevo finalmente davanti a me una città diversa e possibile e ne ero felice».

 - Si è riconosciuto nella vittoria di Zedda?
 «Sì».

 - Ha rivisto pagine sue?
 «I dieci anni di Cagliari li riassumo così: non un’amministrazione incapace, ma molto peggio».

 - E cioé?
 «Ha negato il benessere alla città per mero calcolo politica e interessi economici».

 - Condivide l’affermazione che siamo alla primavera sarda?
 «Sì. In due anni Cappellacci ha perso prima in quasi tutte le Province e ora ha vinto solo a Iglesias. Le promesse di Berlusconi non attirano più».

 - E’ anche una primavera italiana?
 «Lo si vede dal modo con cui si sta disgregando il centrodestra e dai segni dell’Italia che ha resistito».

 - Dentro le istituzioni?
 «Penso alle considerazioni finali di Draghi e al ruolo assunto da Napolitano: il 2 giugno si è visto chi in Italia è il punto di riferimento degli altri Paesi».

 - Era prevedibile, se l’aspettava?
 «Non era prevedibile un anno fa. Ma ero fiducioso che prima o poi saremo usciti da questa dittatura».

 - Dittatura?
 «Ci sono quelle feroci e quelle leggere, mediatiche, di contrapposizione con gli altri organi dello Stato, di messa in discussione del primo articolo della Costituzione».

 - Qual è stato il ruolo dell’opposizione?
 «Molti osservatori l’avrebbero voluta più intransigente, ma la sua costante indignazione ci ha portato fin qui. Ora va fatto il resto».

 - Prodi ha detto: mezzora per festeggiare e poi tutti a lavorare».
 «Giusto, l’ha detto bene e non lo ripeto».

 - Lei ha paragonato la vittoria di Zedda alla rivoluzione dei “giovani turchi”, la nascita politica di Cossiga, Dettori, Soddu e Giagu. Perché?
 «Entrando in politica ho trovato molti giovani di trent’anni prima, una politica di cooptazione che non premiava né i migliori né i più coraggiosi. In questa politica è raro che uno prenda una bandiera e parta a cercare adesioni. L’hanno fatto i giovani turchi e l’ha fatto Zedda».

 - C’è un nuovo protagonismo giovanile?
 «Sì, giovani determinati e intelligenti, tra nuove tecnologie e attacchinaggio. E’ la loro vittoria».

 - Soddu ha detto che è stata una fortuna che Zedda abbia battuto Cabras alle primarie, perché così il centrosinistra ha intercettato il cambiamento. Lei sosteneva Cabras.
 «Sono un dirigente del Pd. Il Pd ha deciso di fare una proposta unitaria schierando un dirigente di grande esperienza, sul modello di Fassino. E io l’ho sostenuto lealmente con tutto il Pd. A Torino ha funzionato, a Cagliari no».

 - La fortuna ha poi aiutato.
 «Però va dato merito al Pd di aver messo l’istituto delle primarie tra i suoi valori fondamentali. Le organizza, le apre agli altri partiti e anche ai gruppi di giovani, ne accetta il risultato e poi lavora per la vittoria. Non è cosa da poco».

 - Sembra che stia pensando al 2004.
 «Senza primarie ho dovuto faticare otto mesi per essere candidato».

 - Comunque ce l’ha fatta ugualmente.
 «Perché ero conosciuto per la mia azienda e avevo mezzi organizzativi. Oggi è possibile a tutti».

 - In sintesi, tra Pd e Sel chi ha vinto?
 «E’ una discussione che non mi entusiasma. A Cagliari ha vinto il candidato del centrosinistra che ha vinto le primarie. Ma delle primarie va accettato anche questo: il candidato ha avuto il sostegno appassionato dei partiti».

 - Conclusione?
 «Hanno vinto tutti».

 - Ora Sel chiede le primarie sul leader regionale. E’ d’accordo?
 «Io sono per le primarie dappertutto».

 - Subito?
 «Le farei quando è il momento».

 - Lei sarebbe della partita?
 «In questa fase non sono in alcuna partita, penso all’azienda e faccio politica per quanto posso».

 - Dopo la conclusione positiva del processo Saatchi si parlava di un suo ritorno in campo.
 «Ma io sono stato sempre in campo in Consiglio regionale, in mezzo ai cittadini, insieme agli altri amici di Sardegna democratica in oltre cinquanta riunioni tematiche. E lo sono stato alle elezioni di Cagliari».

 - Si diceva: in campo da protagonista.
 «C’è un momento in cui ti tocca essere protagonista e momenti, altrettanto belli e pieni di significato, di aiuto ad altri protagonisti».

 - Davvero momenti altrettanto belli?
 «La gioia può essere la stessa».

 - Nel 2004 così come ora con Zedda?
 «Non ricordo la stessa gioia. Forse nel 2004 non l’ho provata».

 - Perché c’era stato meno gioco di squadra?
 «Forse mi sembrava una cosa normale».

 - Torniamo alle primarie sul leader. Quando sarà il momento lei sarà della partita?
 «In futuro sarò in campo in qualunque modo mi toccherà di esserlo».

 - Sulla base della sua esperienza, che consiglio dà a Zedda?
 «Lo sa già, di agire solo per il bene della città, scegliere una giunta autorevole fuori dai condizionamenti delle confraternite, portare avanti l’idea di città che ha avuto un’adesione così forte».

 - Cosa cambierà nel concreto a Cagliari?
 «Ci sarà un’attenzione diversa per il quartiere di Sant’Elia, per gli studenti universitari fuori sede e il campus universitario non costruito con motivazioni risibili pur di non sfavorire altri interessi, ci sarà la metropolitana leggera bloccata dagli interessi di progettisti e costruttori».

 - Ha accusato l’amministrazione di aver agito contro l’interesse generale.
 «Solo così riesco a spiegare i no al campus, al Betile, ai finanziamenti per l’unità d’Italia. Dice che non doveva copiare da altre città».

 - E’ una motivazione.
 «E perché allora copiano le multisale?».

 - Si sono perse occasioni di sviluppo?
 «Lo sviluppo è stato negato per motivi intollerabili e in questa Sardegna senza lavoro, certamente lavoro sarebbe nato da quei progetti».

 - Veniamo al Pd sardo. Oggi ha una maggioranza molto ampia. Qual è la linea nella politica regionale?
 «Il Pd, e direi il centrosinistra, non ha la responsabilità del governo ma quella di controllare la giunta. E deve contribuire al superamento del berlusconismo. Che alle elezioni regionali si è manifestato in maniera arrogante».

 - Che tipo di opposizione a Cappellacci?
 «Abbiamo il dovere di far emergere tutti gli inganni di questi due anni».

 - Quali inganni?
 «Dalle entrate finanziarie ai fondi Fas, dai trasporti all’energia».

 - Partiamo dalle entrate.
 «Il governo sta preparando una Finanziaria da 46 milioni in cui ci sono i soldi della Sardegna che Berlusconi non ha trasferito e forse non trasferirà mai».

 - E il ricorso alla Corte costituzionale?
 «Cappellacci si era impegnato ma non l’ha fatto».

 - Berlusconi ha annunciato che i fondi per la Sassari-Olbia ci sono.
 «L’ennesima barzelletta. La strada non è finanziata. E sono stati cancellati 3 miliardi di fondi Fas. Senza che un dito sia stato mosso».

 - C’era la possibilità di ottenere risultati?
 «La Sicilia si è rivolta alla Corte costituzionale e la legalità è stata ripristinata. Da noi la giunta ha preferito i titoli dei giornali: un giorno sull’insularità, un altro sulle norme di attuazione, poi su firme di nuovi accordi. Da un inganno all’altro».

 - Un inganno anche la flotta sarda?
 «Retorica, gran cassa delle cerimonie, ma in concreto nessun risultato. Prendiamo Olbia: ci sarà una disponibilità di posti che va dal 2 al 6 per cento. Una cosa marginale che distoglie l’attenzione dall’inerzia sul caso Tirrenia».

 - Cosa avrebbe dovuto fare la giunta?
 «Incalzare il governo sulla gara europeo, come per la continuità aerea».

 - Ha parlato di inganni anche per l’energia. E sul nucleare?
 «Lo stesso. Sono felice che Cappellacci abbia fatto questa scelta, ma sarei stato più contento se avesse firmato con altri presidenti il ricorso alla Corte costituzionale».

 - La giunta ha però dato un contributo forte al superamento del quorum.
 «Ma la pubblicità istituzionale ha fatto passare sotto traccia che il referendum era delle associazioni, prima fra tutte quella di Bustianu Cumpostu».

 - Le dà fastidio che la giunta si sia messa alla testa della battaglia?
 «Alla testa come mosca cocchiera. Può succedere solo in una società dalla memoria cortissima».

 - In che senso?
 «Noi tutti abbiamo fatto assemblee popolari sulle rinnovabili, mentre la giunta parlava con Carboni, Dell’Utri e Verdini a favore di pochi».

 - Si riferisce all’inchiesta della magistratura.
 «Non parlo degli aspetti giudiziari. Faccio una censura politica sulle riunioni carbonare, per le regole prima tolte e poi rimesse in tutta fretta lasciando la Sardegna nelle mani degli speculatori, che si sono potuti rivolgere al Tar».

 - Ma alla fine c’è stato lo stop.
 «A buoi scappati».

 - Sta dipingendo una situazione di emergenza.
 «E’ così. La cosa che mi ha dato più tristezza è vedere il movimento dei pastori andare da Briatore. Non ha più interlocutori alla Regione e si aggrappa a chiunque».

 - Insomma, l’opposizione sarà durissima.
 «C’è urgenza di mandare a casa la giunta. Pensi ai fondi europei che si perdono, già 220 milioni di euro, al crescente disavanzo della sanità, al nepotismo nelle Asl. Il centrosinistra ha il dovere di dare quanto prima un vero governo alla Sardegna».