Arturo Parisi (2001)

«Con l’Ulivo l’Italia cresce insieme ai cittadini»

da La Nuova Sardegna del 5 maggio 2001

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Arturo Parisi, leader nazionale dei Democratici, è il capolista della Margherita in Sardegna, che, oltre all’Asinello, comprende Ppi, Rinnovamento e Udeur. Con l’intervista all’ideatore dell’Ulivo prosegue il nostro viaggio tra le liste della quota proporzionale della Camera.

— Onorevole Parisi, questo sorpasso c’è davvero?
«Dopo mesi di avvicinamento, come ha detto Rutelli, abbiamo messo la freccia. Sì, è possibile, siamo vicini».

— Vi affidate ai sondaggi?
«No, lo percepiamo tra gli elettori, che stanno riflettendo sulla più grande bugia di queste elezioni: il programma di Berlusconi».

— Quale bugia?
«Aveva detto che il nostro era copiato dal suo. Ma poi si è scoperto che il suo non c’è ancora, ci sono solo gli slogan dei manifesti. Il nostro è invece reperibile in libreria: come avremmo fatto a copiarlo?».

— Qual è la ragione del recupero dell’Ulivo?
«Innanzitutto la maggiore credibilità delle proposte. E poi ci sta aiutando Berlusconi: si avverte una crescente preoccupazione che si sta trasformando in mobilitazione. Chi nelle ultime elezioni si era astenuto, stavolta vuole votare perchè si rende conto del rischio grande in cui va incontro l’Italia in caso di vittoria del Polo, innanzitutto per l’anomalia del suo capo. Lo dice con chiarezza anche la stampa estera».

— Berlusconi è stato però difeso da Agnelli.
«Non è così. Agnelli ha posto un problema comprensibile e che cioè non c’è bisogno della stampa estera per scoprire l’anomalia del Cavaliere. Che ci costringe purtroppo a difendere l’Italia dall’essere lo zimbello di tutti».

— Il Polo dice però che attaccate Berlusconi per non parlare del programma.
«Siamo noi che avremmo voluto discutere del programma, ma quello di Berlusconi non esiste. Agli italiani ha mandato il fotoromanzo della sua vita. E’ lui che ha cambiato argomento: anzichè del programma si è proposto come modello di vita, che per noi è inaccettabile».

— Perchè?
«Per ragioni etiche, culturali, direi antropologiche. Con la menzogna egli celebra vizi facendoli passare per virtù: l’esibizione della ricchezza conquistata a tutti i costi, il rivolgersi alle classi più deboli con la promessa populista e paternalistica che ci penserà lui a garantire gli aiuti, il suo parlare con il pronome «io» sempre più invadente, l’indisponibilità al confronto democratico, che è invece un diritto non solo per Rutelli ma soprattutto per gli elettori che devono decidere».

— Quale modello contrapponete?
«Quello di rinnovare l’Italia”insieme” ai cittadini. Nel segno della solidarietà, della valorizzazione delle risorse umane, della partecipazione alla vita sociale. Lo diciamo soprattutto ai giovani, la grande ricchezza del Paese».

— La posta in gioco è solo la sfida al modello Berlusconi?
«C’è quella, ma c’è soprattutto - ed è intrecciata con la prima - la tenuta del progetto europeo che il Centrosinistra ha costruito, realizzato e riproposto. Per valutare i risultati del Centrosinistra al governo bisogna ricordare che l’Italia nel 1996 era sull’orlo del baratro. Dato il clima di sfiducia, lo Stato faceva faticare a vendere persino i Bot trimestrali. Si fa presto a dimenticare. Oggi i cittadini possono fare mutui al 4-5 per cento e l’Italia è pienamente inserita in Europa. Con un governo del Polo non saremmo entrati in Europa, l’Italia sarebbe divisa in due, il Sud sarebbe stato abbandonato a se stesso».

— Il Centrodestra accusa il governo del Centrosinistra di aver abbandonato la Sardegna.
«Propaganda di basso profilo. In questi cinque anni l’isola ha fatto grandi progressi: dall’aumento del prodotto interno lordo a quello dell’occupazione. E con le iniziative del Centrosinistra per la continuità territoriale, per il potenziamento dei porti e degli aeroporti, per il metano la Sardegna è stata inserita a pieno titolo nel programma nazionale sull’integrazione del Paese nel mondo, dato che la questione dell’insularità è stata assunta proprio come cardine di ogni iniziativa. Lo dimostra l’Intesa istituzionale. Noi rispondiamo con i fatti. Loro invece...».

— Parla del Centrodestra sardo?
«Quello che sta succedendo ci dispiace come sardi, ma non ci sorprende. Abbiamo avuto parole dure per il modo in cui si è formata questa maggioranza e per come opera. L’ultima perla è l’annuncio dei concorsi regionali prima delle elezioni. La Sardegna ha bisogno più di altri di stabilità - e avevamo proposto la giunta delle regole - e di integrazione nel mondo. Se la Lombardia si chiude in se stessa è un danno per i lombardi, se lo fa la Sardegna, è un disastro».

— L’esclusione di un candidato sardo del Ppi nella Margherita ha provocato polemiche e strappi. Ci saranno conseguenze?
«I rapporti sono stati ristabiliti e devo riconoscere la sensibilità e la responsabilità di tutti gli esponenti del Ppi a continuare a riconoscersi nella coalizione. E’ una cosa importante da parte di chi ha espreso perplessità e disagi, che comprendo, a partire da quelli emersi nella mia Sassari. E mi ha fatto piacere vedere i dirigenti popolari sardi con Rutelli».

— Lo scontro era inevitabile?
«I tempi della formazione della Margherita sono stati rapidi e in Sardegna non hanno consentito la nascita di un organo dirigente. Le candidature sono così tornate a essere un fatto di partito, mentre la Margherita ha un orizzonte più ampio. Sono stato candidato proprio per rappresentare quell’anima dell’Ulivo che si riconosce in Prodi e Rutelli, una componente che ha una posizione paritaria con le altre aree dell’Ulivo».