Luigi Cogodi


da La Nuova Sardegna 18 novembre 2002

«Ambiente, lavoro, no-global:
i diritti contro i privilegi di pochi»


di Filippo Peretti

CAGLIARI. La battaglia in consiglio regionale sull’insediamento turistico a Palau ha fatto tornare in auge il personaggio Luigi Cogodi come «padre» e «tutore» dei vincoli di inedificabilità sulle coste. Col Pci Cogodi fu assessore regionale all’urbanistica dal 1984 al 1987 (nelle prime due giunte Melis) e assessore al Lavoro dal 1987 al 1989, di nuovo assessore all’Urbanistica (ma con Rifondazione) dal 1998 al 1999 con l’ultima giunta Palomba. Oggi, da capogruppo del Prc, Luigi il Rosso è al centro dell’attenzione anche perché è uno dei politici sardi più vicini ai movimenti no-global.

— Onorevole Cogodi, c’era anche lei con i no-global. Si aspettava gli arresti?
«Onestamente, no. Immaginavo che questa fase fosse rischiosa ma, ormai, per il tentativo di riassorbire il movimento, non per criminalizzarlo».

— Come li giudica?
«E’ il titolo di un film: Firenze il giorno dopo, la vendetta».

— L’accusa è di reati gravi. Non ci crede?
«L’accusa è solo apparentemente grave. Contestare in modo democratico e pacifico il disordine costituito non è un reato ma un diritto politico. Il reato di opinione è escluso dalla Costituzione».

— Ci è passato anche lei?
«Trent’anni fa, in corte d’assise, per un reato di tal fatta: istigazione di militari alla disobbedienza per aver detto”compagni poliziotti”.

— E’ un ritorno indietro?
«C’è chi scambia la contestazione per insurrezione».

— Tira aria brutta?
«Evidentemente il tentativo di provocazione frontale non è sopito».

— Nel senso che qualcuno è rimasto deluso dal pacifismo di Firenze?
«Lo ha ammesso la stessa Fallaci dicendo:”Che razza di disobbedienti sono se non rompono un vetro?”».

— Lei è più antagonista o disobbediente?
«L’antagonista disobbedisce alle cose ingiuste, quindi è per questo disobbediente».

— New global e no global?
«New global per i diritti, per la democrazia politica ed economica, per la dignità e la giustizia per tutti. No global contro il sistema centrale di dominio e l’impero assoluto del profitto, contro la dannazione del pensiero unico, contro la schiavitù dell’omologazione».

— Rifondazione comunista è un partito antagonista o di governo?
«”Antagonista” per cambiare il mondo, e”di governo” per cambiare il mondo».

— Una bella impresa: da dove incominciare?
«Iniziando a cambiare la parte di mondo in cui siamo».

— Un pregio di Bertinotti?
«E’ un comunista. Un comunista di oggi, sincero, appassionato, esigente e rispettoso».

— Un difetto?
«Veste male».

— Felice ironia. Senta, lei è in posizione di scontro col segretario Sandro Valentini. Su che cosa?
«Io pratico la politica che mi convince, e che coincide col risultato del congresso nazionale. Congresso di svolta, di innovazione da sinistra, di autoriforma, di interazione coi movimenti di contestazione anticapitalistica, antiglobalizzazione, per la pace e contro la guerra, senza se e senza ma».

— E Valentini?
«Valentini e altri non condividono interamente queste risultanze. E’ un loro diritto. A condizione che non pensino di imporre la loro posizione».

— Un pregio e un difetto di Valentini.
«Non ricordo».

— Lei è diventato un personaggio soprattutto occupandosi di coste. Quando e perché ha iniziato?
«Come interesse culturale, da sempre. Non concepivo che la Sardegna accettasse di diventare una prigione recintata dal cemento e dai muraglioni eretti da pochi ingordi».

— E come politico?
«Da assessore all’Urbanistica, nel 1984. Ricordo che quasi tutti quelli che si occupavano di urbanistica, esercitavano il potere di costruire, inteso in senso edilizio».

— E lei?
«A me venne invece una gran voglia di costruire un progetto di salvaguardia della”Sardegna-Isola”».

— Ma molti pensavano, e pensano, che i”suoi” vincoli fossero un’esagerazione.
«Non un’esagerazione, la verità: proponevo che sulle coste venissero riqualificati solo gli abitati esistenti e si evitassero per lungo tempo altre costruzioni a meno di due chilometri dal mare, salvo i servizi e le strutture collettive».

— Perché un irriducibile comunista si occupava di ambiente?
«Un irriducibile comunista non può che essere un irriducibile ambientalista».

— E viceversa?
«Se si intende che l’ambiente naturale è lo spazio vitale per tutti. Eppoi l’ambiente è un valore culturale, e la cultura deve essere di tutti».

— Ma l’ambiente è un potenziale economico o no?
«Sì, è quello che fa la differenza».

— Anche altri, ma che non la pensano come lei, dicono che l’ambiente è una gallina dalle uova d’oro.
«Ma invece di investire sulle uova preferiscono mangiarsi la gallina».

— Chi erano gli avversari? Imprenditori e politici.
«No, gli imprenditori no. Semmai i”prenditori”: abituati male, a prendere per sé i beni di tutti. Quelli erano i nemici. E oggi sono gli stessi».

— Furono durissimi gli scontri con la Dc ma venne ostacolato anche nel Pci. Da chi?
«Da chi confondeva il consenso popolare coi voti comunque acquisiti, da chi credeva di essere più moderno perché civettava coi”benpensanti”. Finivano col pensar male delle cose fatte bene».

— Può fare i nomi?
«E’ meglio non ricordarli. Di molti però sono noti i soprannomi».

— Le dicevano che aveva ragione ma che avreste perso voti?
«Però accadde il contrario: persero i voti perché non sostennero le cose ragionevoli».

— Renato Soru dice che la Sardegna, se non si fosse costruito malamente nelle zone costiere più belle, oggi varrebbe di più anche sotto il profilo economico.
«Soru, almeno in questo, ha ragione. E’ sicuramente così».

— Non è più rimediabile?
«Impedendo l’ulteriore devastazione, abbiamo salvato i più grandi valori, anche economici, della nostra terra».

— Non sembra, però, una battaglia ancora di moda.
«Forse i più giovani non lo sanno, ma senza la lotta, le leggi e le ruspe antiabusivismo degli anni’80, oggi l’isola varrebbe molto di meno. Ragione di più per difenderla ancora».

— Lei si è battuto anche per il Piano del lavoro. Che però è inattuato. Perché?
«Perché è un atto di giustizia, uno strumento che forza lo status quo in economia, suscita nuovi soggetti imprenditoriali, elimina il clientelismo regionale dividendo i soldi fra i Comuni in modo oggettivo».

— Non è lavoro assistenziale?
«E’ un legittimo e doveroso sostegno ai soggetti sociali più deboli, i disoccupati. Essere deboli economicamente non può essere una condanna alla permanente emarginazione».

— Con possibilità di sviluppo?
«Molti deboli di tasca sono fortissimi di intelligenza, di capacità di lavoro e di intrapresa. Spesso dove ci sono soldi non c’è capacità, e dove c’è capacità non ci sono soldi».

— Qual è il ruolo dei poteri pubblici?
«Far sì che le due cose possano coincidere».

— Si può fare impresa in ogni Comune?
«Sì, ci sono tanti Comuni che hanno promosso iniziative bellissime nei riscontri occupazionali, formidabili nel risultato economico. Dimostrano che, volendo, si può».

— Ma vi accusano di volere l’assistenzialismo.
«Assistenzialismo no, una giusta assistenza, sì. Chi non ha niente, chi è più svantaggiato, va aiutato. E non solo in modo caritatevole, ma con un sistema di garanzie, diritti e sicurezza sociale».

— Il termine assistenza è usato anche in senso spregiativo.
«Disprezza l’assistenza chi vive di egoismo e privilegi. La giusta assistenza è un valore positivo, anche costituzionale».

— Cosa rimpiange del Pci?
«Del Pci vero, di quella grande aggregazione umana che è stata il Pci sino agli anni’80, rimpiango il senso di amicizia, di socialità e la grande fiducia di poter, insieme, cambiare il mondo».

— Rifondazione dice: nuovo Ulivo. Quale differenza col vecchio?
«Non diciamo Ulivo, né vecchio né nuovo. L’Ulivo è una aggregazione moderata e si compone di tante anime, belle e meno belle. Noi diciamo: nuova politica, nuovi incontri e nuovi percorsi, alternativi alla miseria del presente».

— Ma è possibile, così, cambiare il mondo?
«Firenze, checché ne pensi qualcuno, dimostra di sì».

— Ed è possibile mettere insieme ex democristiani e antagonisti, girotondisti e disobbedienti, riformisti, comunisti, eccetera?
«Mettere insieme tutti, come molti pensano, riuniti attorno ad un tavolino, no, e non servirebbe a nulla. Ma ricercare e praticare obiettivi comuni di cambiamento, incontrarsi nei momenti di contestazione, costruire pezzi di rinnovamento, è possibile. Ed è un processo già in atto».

— Visto come si sono messe le cose, la crisi del governo Prodi fu un errore?
«No, fu una scelta giustissima. Perché non esistono due democrazie, una elettorale e una di governo. Ciò che si dice che si farà, deve essere fatto. E se non si può, si dice il perché, non si fanno ribaltoni, si torna a lavorare per un nuovo consenso nella società».

— Solo che poi ha vinto Berlusconi.
«Berlusconi ha vinto perché è stato bocciato il governo D’Alema, non il governo Bertinotti o con-Bertinotti».

— L’Ulivo vi rimprovera che gli”eccessi” di opposizione finiscono talvolta per fare il gioco del Polo.
«Lo dice chi non concepisce la politica se non come fatto governativo».

— Escludete l’ipotesi del governo?
«No, ma non siamo costituzionalmente”governativi”. Guardi, quelli che fanno male l’opposizione sono gli stessi che fanno male anche il governo.”Il gioco della maggioranza” lo fa chi gioca con la maggioranza o con pezzi di essa».

— Ma quando ci sono stati franchi tiratori alla rovescia, in consiglio regionale hanno guardato a voi: nell’Ulivo Fadda e Spissu hanno fatto commenti. Avete aiutato la giunta Pili?
«Qualcuno muore dalla voglia di credere a quei boatos di Fadda e Spissu? Si accomodi».

— Sì o no?
«Tutti sanno che combattiamo la giunta Pili. Siamo contrari ai”pasticci”, arte in cui altri eccellono ogni giorno».

— Non è che l’avete fatto per evitare le elezioni anticipate?
«Io ho sempre detto che le elezioni andavano rifatte sin dal quando una quota di consiglieri ha traslocato nella parte avversa».

— Con una pausa di cinque anni, è in consiglio regionale dal 1979. Quali le differenze da allora?
«Allora esistevano i partiti organizzati, la politica era considerata più seriamente da quasi tutti. Oggi è il contrario: per molti la politica non è il mezzo per garantire i diritti di tutti, ma occasione di affermazione personale o di clan».

— Una merce?
«Da comprare o vendere al mercato. Ecco perché serve un’alternativa anche di valori morali».

— Ha visto all’opera tanti presidenti: chi sceglie?
«Mario Melis, nonostante tutto».

— E la giunta migliore?
«La prima giunta di Mario Melis, nonostante tutto».

— Perchè non c’erano socialisti?
«Perchè c’erano comunisti e sardisti».

— Un assessore che stima?
«Del passato, tanti».

— Del presente?
«Sul piano personale alcuni, politicamente nessuno».

— Ha compiuto quattro legislature: si ricandida?
«Un tempo si diceva che non ci si candida, ma che si viene candidati. Appartengo a quella scuola».