Emanuele Sanna (2008)


da La Nuova Sardegna
18 dicembre 2008

«Soru può ritirare le dimissioni
se il Consiglio rivota la fiducia»


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Emanuele Sanna, ex presidente del consiglio regionale, ex assessore ed ex deputato, neo presidente del Consorzio industriale di Cagliari, nel Pd è considerato uno dei saggi per aver sempre dimostrato capacità di mediazione. Nello scontro interno ha assunto una posizione intermedia per favorire un’intesa. I suoi consiglieri regionali («ma la mia non è una corrente») non hanno votato per la segretaria Francesca Barracciu ma neanche contro Renato Soru in aula. Dice che per uscire bene dalla crisi politica, che si voti a febbraio o a giugno, è necessario «più equilibrio da parte di tutti». Spiega: «Non mi piace né il presidenzialismo esasperato che ha rischi di populismo né la deriva correntizia del partito».

— Emanuele Sanna, nello scontro all’interno del Pd lei si è schierato in una posizione né filo-Soru né filo-Cabras. Con altri dirigenti e militanti ha firmato un appello per un accordo immediato nel partito e nella coalizione. Con quale risultato?
«Gli appelli rischiano di essere velleitari. La sorte di questa legislatura sembra segnata».

— Lei sa se Soru ha già deciso per le elezioni anticipate?
«Ci sono tutti i segnali in questa direzione. Ma dovrebbe dirlo subito con chiarezza. Purché...»

— Chi può fargli cambiare idea?
«Il voto in Abruzzo, che dovrebbe indurre tutti a maggiore cautela».

— Un ruolo di mediazione, come quello assunto da lei, non può limitarsi a un appello. Molti hanno fatto proposte di soluzione della crisi. E lei?
«La mia idea è che si potrebbe anticipare la procedura che secondo gli esperti andrebbe introdotta nella legge elettorale».

— E cioè?
«Oggi le dimissioni del presidente della giunta, qualunque sia la motivazione, sciolgono automaticamente il Consiglio. E non è giusto. Perché così il Consiglio, che è anch’esso eletto dai cittadini, è sempre sotto schiaffo rispetto al governatore».

— Quale sarebbe la riforma che auspica.
«Si dovrebbe prevedere che le dimissioni, per essere efficaci e provocare le elezioni anticipate, debbano essere confermate entro un mese non dallo stesso presidente dimissionario, come succede ora, ma da un esplicito voto di sfiducia del Consiglio».

— Se il Consiglio desse di nuovo la fiducia al governatore?
«Il presidente non potrebbe dimettersi».

— Oggi, però, la legge non lo prevede.
«Soru potrebbe impegnarsi politicamente ad anticipare quella possibile riforma».

— In cambio di che cosa?
«Intanto riottiene la fiducia e quel patto che egli stesso ha chiesto agli alleati. Un patto che rimetta tutti i cocci a posto nel Pd e nel Centrosinistra».

— E’ ancora possibile?
«Io penso di sì. Mancano poco giorni ma bisogna fare ogni sforzo. Tutti dobbiamo riconquistare la capacità di ascoltarci».

— Lei cosa pensa delle elezioni anticipate?
«Che non aumenteranno le possibilità di vittoria del Centrosinistra proprio a causa della fine traumatica della legislatura».

— Non sarebbe positivo, come dice Soru, un chiarimento davanti al corpo elettorale?
«Ma cosa diremmo agli elettori? Come risponderemmo al Centrodestra che ci accusa di scappare dalle difficoltà?».

— Risponda lei stesso.
«I cittadini fanno ragionamenti semplici e di buon senso. Sanno che si va al voto perché la maggioranza si è disintegrata e dubitano che dopo, ad esempio sulla legge urbanistica, sarà possibile metterci d’accordo. Come è successo con Prodi. E sappiamo come è andata a finire».

— Soru ha sbagliato a dimettersi?
«No, in quelle condizioni le dimissioni erano forse inevitabili. Hanno suscitato un grande clamore mediatico perché Soru è un personaggio autorevole e nelle acque stagnanti del Pd rappresenta una novità anche a livello nazionale».

— Se Soru non ha sbagliato le elezioni politiche sono inevitabili. O no?
«No. Perché un conto sono le dimissioni, altra cosa le elezioni anticipate. Serviva un chiarimento, non c’è dubbio. Ma non è detto che lo sbocco dovesse essere lo scioglimento del Consiglio».

— E invece?
«Dalle dimissioni sono trascorsi venti giorni e non è successo niente. La Regione è in crisi e nel mio partito non c’è stato una riunione, un dibattito, un incontro con gli alleati. Niente».

— Perché?
«Spero di sbagliarmi, ma credo che si illuda chi pensa che Soru ci possa portarci alla vittoria da solo sfruttando il clamore mediatico delle dimissioni».

— Ma lo scontro è soprattutto sul presidente. Come uscirne?
«l Pd deve dire ufficialmente e in via definitiva che il suo candidato è Soru. Se emergono nomi alternativi si facciano subito le primarie di coalizione. E’ l’unico modo per salvare l’alleanza e per cercare di allargarla».

— Soru e i suoi sono dell’avviso che anticipare le elezioni è un vantaggio perché si coglie il Centrodestra impreparato.
«Parliamoci chiaro. L’avversario del Centrosinistra sarà il Centrosinistra diviso, diviso tra chi è a favore di Soru e chi lo considera il responsabile della rottura».

— Teme una scissione nel Pd?
«Non la voglio neanche mettere nel conto. Se fallisce il progetto del partito nuovo che ha messo insieme le due grandi famiglie politiche della democrazia italiana, sarebbe un dramma. I conservatori avrebbero campo libero per lungo tempo e sappiamo di quale tipo di conservatori stiamo parlando».

— C’è chi dice che prima delle elezioni bisogna fare la legge finanziaria. Cosa ne pensa?
«Non farla sarebbe sbagliato. Ma penso anche alla legge urbanistica. Perché fermarci a un centimetro dal traguardo? Gli elettori sono maturi, hanno sempre puniti chi ha provocato i conflitti o ha lasciato il lavoro a metà».

— Ma anche proseguire la legislatura nel conflitto sarebbe dannoso. Si arriverebbe alle elezioni a giugno con un presidente e una giunta assolutamente logorati.
«E’ per questo che le dimissioni di Soru vanno utilizzate per un chiarimento vero e duraturo. Senza il chiarimento o si arriva divisi a febbraio o logorati a giugno».

— C’è il rischio che la resa dei conti si faccia con la scelta degli alleati e la formazione delle liste?
«Con una resa dei conti non si risolvono i problemi, anzi, se ne provocano altri. Ad esempio metterebbe a rischio la tenuta del Pd».

— Soru forse non si fida di una parte del partito e di una parte degli alleati?
«Ma deve fidarsi. Nel 2004 non ha vinto con Progetto Sardegna, ha vinto con una coalizione unita e forte. Oggi è in un partito del 35 per cento, non può viverlo come una preoccupazione. Così come la distinzione dei ruoli tra partito e istituzioni. Il leader istituzionale non può detenere anche il controllo del partito».

— Quale ruolo può avere Roma?
«Affidarsi al vertice nazionale è una sconfitta. Da segretario dei Ds ho fondato la Sinistra federalista sarda e ho sempre sognato un partito non separato ma autonomo. In questa fase, mi rendo conto, l’intervento romano è indispensabile visto che il Pd sardo si è incagliato. Siamo senza guida, occorre un organismo di garanzia che rappresenti il pluralismo interno e ridia al partito il ruolo che gli compete».

— E’ lo scontro che c’è dall’inizio della legislatura.
«Da una parte c’è un presidente, Soru, che ha rimesso la Regione in sintonia con i cittadini grazie alla sua personalità e al lavoro positivo. Dall’altra c’è chi è contrario al presidenzialismo esasperato che rischia di degenerare in populismo. Bisogna rimettere le cose in equilibrio».

— Lo hanno detto, nelle interviste alla Nuova, anche Pietro Soddu e Beppe Pisanu.
«Mi fa piacere che due leader morotei, finitii in schieramenti opposti, si siano trovati d’accordo su questo».

— Hanno anche proposto le ricette, molto simili, per evitare le elezioni anticipate. Soru propone una tregua tra maggioranza e opposizione, Pisanu un patto per l’emergenza. Lei?
«Ci credo poco. Perché il Centrodestra dovrebbe farci la cortesia di una tregua? Cinque anni fa, quando il Centrodestra si spaccava su Mauro Pili e formava una giunta di minoranza con Masala, io avrei sorriso se mi avesse proposto un’intesa».