Giuseppe Pisanu (2001)

«L’Ulivo ha fallito, noi daremo lo sviluppo,
Floris resti, ma il programma va aggiornato»

da La Nuova Sardegna del 9 maggio 2001

di Filippo Peretti
CAGLIARI. Beppe Pisanu, per la terza volta capolista di Forza Italia, si appresta ad essere eletto deputato per l’ottava volta: entrò a Montecitorio con la Dc nel lontano 1972 e ha conosciuto una sola pausa, nella legislatura tra il 1992 e il 1994, per poi rilanciarsi come uno dei più influenti collaboratori di Silvio Berlusconi, sino a diventare capogruppo. Il nostro viaggio tra le liste della quota proporzionale prosegue oggi con questa intervista in cui Pisanu conferma il giudizio negativo sui governi di Centrosinistra e si mostra cauto sulla verifica che si aprirà dopo il voto alla Regione.


— Onorevole Pisanu, Parisi vi accusa di non aver presentato un programma ma solo un fotoromanzo.
«Sono battute da comizio. Il programma di Forza Italia e della Casa delle libertà è noto da tempo ed è illustrato in un libro di Berlusconi e in numerose pubblicazioni. E’ stato anche riassunto di recente in dieci punti. Se Parisi avrà la pazienza di leggerlo si renderà conto che molte delle proposte in esso contenuto hanno anticipato di gran lunga le 130 pagine del Centrosinistra. Piuttosto mi chiedo se vedono tante cose da fare che cosa mai hanno fatto nei cinque anni di governo? Il nostro giudizio è fortemente negativo: sono sconfortanti i dati della situazione economica e sociale dell’Italia rispetto ai maggiori Paesi europei».

— Ma l’obiettivo dell’ingresso in Europa è stato raggiunto.
«Ci siamo arrivati ma stremati da una pressione fiscale senza precedenti. E da quel momento in poi, mentre gli altri Paesi sono andati a passo spedito, noi abbiamo zoppicato. Siamo primi in Europa per debito pubblico, pressione fiscale e disoccupazione; e siamo tra gli ultimi per tasso di crescita, competitività e libertà economiche».

— Quali sono, in sintesi, le vostre proposte?
«Riduzione della spesa pubblica a partire dal taglio dei rami secchi e degli sprechi, riduzione della pressione fiscale per orientare i guadagni della famiglia verso i consumi e gli investimenti per sostenere così le attività produttive e creare stabili occasioni di lavoro. Insomma, vogliamo un’economia sociale di mercato che dia possibilità ampie a tutti coloro che vogliono concorrere al processo produttivo, ma al tempo stesso garantisca solidarietà a chi per età o malattia o altre ragioni non può partecipare alla competizione».

— Il sospetto è che venga indebolito lo stato sociale.
«Non è vero. Se si incrementano le attività produttive si amplia la base dei contribuenti e le maggiori entrate dello Stato possono sostenere meglio il Welfare. E questa la lezione che vi viene dagli Stati Uniti e, oggi, dalla Spagna di Aznar dove con un’economia che è la metà della nostra si è riusciti contemporaneamente a tagliare le tasse, ridurre la spesa pubblica e a creare 500 mila posti di lavoro ogni anno».

— In campagna elettorale quasi non parlate del governo del Centrodestra alla Regione. Perchè?
«Intanto sono elezioni politiche generali ed è ovvio che l’attenzione si concentri sui problemi nazionali. Tra i quali comunque, per quanto ci riguarda, ha un peso fondamentale il rilancio dell’economia meridionale e quindi la vera ripresa economica e sociale della Sardegna. E’ uno dei primi cinque obiettibvi che la Casa delle libertà si prefigge. Quanto alla Sardegna, non credo che ci siamo distratti sui problemi, basti pensare giusto per stare all’attualità, alla polemica che stiano sostenendo sulla svendita del Banco di Sardegna e sull’esigenza di dare una moderna politica del credito della Regione».



— Qualcuno dice che non parlate della giunta perchè siete delusi. E’ così?

«La giunta sinora ha operato bene e i risultati si cominciano a vedere. Leggo sulla Nuova che Parisi riconosce che le cose stanno cambiando in meglio».

— Dopo le elezioni ci sarà la verifica di giunta. Mario Floris resterà presidente?
«Noi pensiamo di sì, ma il programma della giunta va messo a punto in ordine ai problemi che sono emersi e che si impongono all’attenzione generale».

— Sul Banco c’è anche un problema di nomine?
«Non è questione di nomine. Peraltro i nuovi padroni emiliani del Banco sono liberi di scegliere gli amministratori e gli indirizzi politici che preferiscono. Quel che ci interessa è la riorganizzazione del sistema bancario dopo la svendita del Cis e del Banco ad opera del Centrosinistra. Bisogna badare solo agli interessi dei risparmiatori sardi e agli interessi generali dell’isola».

— E’ emerso un doppio caso Cossiga. Iniziamo dal suo appoggio ai dissidenti della Lista Amadu.
«Amadu ha fatto una scelta autonoma che rispetto, anche se ovviamente lo considero sotto ogni punto di vista un nostro avversario, visto che è contrapposto ai nostri candidati, che sono Pasqualino Federici per il Senato e Carmelo Porcu per la Camera. Proprio per questo non può esserci posto per lui nella Casa delle libertà».

— E ora che Cossiga è uscito in polemica con Berlusconi?
«Non dico niente».

— Cossiga ha detto che se vince il Polo lei sarà presidente della Camera.
«A me interessa solo la vittoria della coalizione. Quanto al resto, la mia lunga esperienza politica mi ha insegnato a salire ma anche a scendere le scale senza mai perdere dignità e senso della misura».

— Non è sbagliato usare il terrorismo come argomento di campagna elettorale?
«Noi non l’abbiamo fatto. E’ diventato argomento di campagna elettorale a causa dei gravi fatti di cronaca e il fenomeno non va certo sottovalutato».

— E il conflitto di interessi?
«Il conflitto degli interessi lo abbiamo affrontato per primi con una proposta di legge firmata da Berlusconi che è stata approvata all’unanimità dalla Camera e poi bloccata al Senato dalla maggioranza per poter poi brandire l’argomento contro di noi».

— Lei ha una lunga militanza anche nella Dc. Non c’è una contraddizione, ora, tra quella visione della politica e l’attuale leadership che assomiglia al culto della personalità?
«Il culto della personalità appartiene alla cultura e alla storia comunista. Noi viviamo una fase storica in cui con la crisi dei partiti tradizionali sono emerse leadership forti che si impongono sui partiti stessi anche grazie alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa. Non ci può essere culto della personalità quando una leadership come quella di Berlusconi è sostenuta dal consenso democraticamente espresso di milioni e milioni di cittadini. Mentre è nella società comunista e nei regimi autoritari che il culto della personalità sostituisce ancor oggi il consenso popolare».

— Perchè non accettate il confronto con Rutelli?
«Perchè il confronto vero di questa campagna elettorale non è tra Berlusconi e Rutelli, ma tra il Centrodestra guidato da Berlusconi e il Centrosinistra guidato da D’Alema. Rifiutando il confronto con Rutelli rifiutiamo il gioco delle sinistre che per valutazioni comprensibili non hanno avuto il coraggio di presentarsi agli elettori con i veri leader. Al vero confronto, quello tra Berlusconi e D’Alema, siamo dispostissimi. Alla simulazione no».

— L’Ulivo sardo afferma che il vostro accordo con Bossi è dannoso per l’isola.
«Quando Bossi era secessionista e antimeridionale la sinistra lo acclamava come una sua costola politica, oggi che ha rinunciato alla secessione e riconosce il primato della questione meridionale, è diventato pericoloso per il Sud e nemico della Sardegna. Non scherziamo». di Filippo Peretti