Gianfranco Fini


da La Nuova Sardegna
1 aprile 2006

«Nel centrosinistra Soru
e le tasse
sono nervi scoperti»


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Il leader di Alleanza nazionale e ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, è oggi in Sardegna per la campagna elettorale. Alle 10 è a Olbia, alle 12 a Sassari per un comizio in piazza d’Italia, alle 16 alle Grazie di Nuoro, alle 18 in piazza Eleonora a Oristano, alle 19.30 in piazza del Carmine a Cagliari. In questa intervista alla «Nuova», Fini anticipa i temi della politica nazionale (in particolare lo scontro sulle tasse) e della politica regionale (le critiche alla giunta Soru) che tratterà oggi con i candidati e gli elettori.

— Presidente Fini, la notizia del giorno in Sardegna è l’arresto dei presunti responsabili dell’attentato all’ufficio del vostro candidato nuorese Bruno Murgia. Ha saputo?
«Mi hanno informato subito. E ho riconosciuto al ministro Pisanu e alla polizia il merito di aver svolto indagini accurate e in tempi brevi».

— Come giudica l’episodio?
«E’ la conferma che nell’area dell’antagonismo ci sono soggetti che non esitano a ricorrere alle armi e agli attentati».

— Allarme in aumento?
«Un pericolo circoscritto c’è ed è stato accertato».

— Terrorismo?
«Al momento io parlo di eversori».

— Uno degli striscioni davanti alla questura di Nuoro, durante la conferenza stampa, diceva che gli arresti sono un regalo per la sua visita elettorale.
«Mi preoccupa invece l’altro striscione».

— Quello contro la polizia?
«E’ istigazione a delinquere. La cosa dovrebbe far riflettere qualcuno».

— Chi?
«Chi nel centrosinistra si è assunto la grave responsabilità di portare in Parlamento certi personaggi di ambienti dell’antagonismo».

— In queste elezioni lei ha scelto la via del rinnovamento delle liste anche in Sardegna. E’ una ricetta contro l’eccessiva litigiosità delle correnti?
«Le correnti sono di fatte superate, come dimostra la delega che mi è stata data all’unanimità per la composizione delle liste. E non sapevano come le avrei fatte».

— Quali criteri ha usato?
«Intanto la rappresentanza territoriale: secondo le nostre previsioni tutte le province storiche della Sardegna entreranno in Parlamento con i nostri candidati».

— Il rinnovamento generazionale?
«E’ uno dei criteri più importanti, è giusto e va incentivato. A costo, talvolta, di perdere in esperienza e maturità e di compiere scelte dolorose, come nel caso dell’uscita dell’onorevole Anedda».

— In Sardegna Fassino e Rutelli hanno firmato un”decalogo” sulle richieste della Regione. I punti principali sono le entrate fiscali, la continuità territoriale e le servitù militari. Firma anche lei?
«Prima di firmare impegni sul futuro, sarebbe meglio che Fassino, Rutelli e tutto il centrosinistra parlassero di quelli non rispettati da Soru».

— Eccoci al punto. Il centrodestra ha deciso di parlare di Soru perché preferisce non parlare del governo Berlusconi?
«Noi abbiamo fatto molto, tutto ciò che era possibile. Ma ci possono dire che non abbiamo fatto tutto, che non abbiamo saputo usare la bacchetta magica, che le giunte regionali di centrodestra non sono state soddisfacenti. Tutto è opinabile, ma l’unica cosa certa, per tutti, è che la giunta Soru è deprimente».

— Parliamo delle singole questioni. Cosa pensa della vertenza sulle servitù militari?
«Vedo in Soru e nel centrosinistra un accanimento ossessivo».

— Lei è contrario alla riduzione?
«Anch’io sono convinto che il mondo è cambiato e che, mi riferisco anche alla base americana della Maddalena, le esigenze non sono più quelle di una volta. Ma dico anche: attenzione, in molte zone l’economia locale si basa sulla presenza militare».

— E la vertenza sulle entrate fiscali?
«Il governo Berlusconi è stato il primo a riconoscere il diritto dei sardi ad avere quanto non gli è stato concesso nelle legislature precedenti. Il centrosinistra, piuttosto, dovrebbe preoccuparsi del fatto che Soru non riesce a spendere neanche i soldi che la Regione ha a disposizione».

— Contesta anche la tutela delle coste?

«No, noi vogliamo la tutela delle coste e dell’ambiente in generale. Ma vedo che la politica di Soru è contestata dalle amministrazioni comunali, comprese quelle del centrosinistra».

— Secondo lei perché?
«Bloccare le costruzioni nella fascia costiera di due chilometri e persino nelle aree agricole non significa tutelare l’ambiente ma bloccare l’economia. Sono scelte estreme. Anche in questo caso sono ossessioni. Soru, in tutte le cose, dimostra di non avere equilibrio».

— Veniamo alla politica nazionale. Che si fa in caso di pareggio?
«Si torna a votare».

— Non c’è l’ipotesi di una grande coalizione come in Germania?
«Lo escludo. E poi non credo nel pareggio. Gli italiani faranno la scelta giusta».

— Ottimista?
«Il parossismo di Prodi e del centrosinistra di fronte alla nostra accusa di aumentare le tasse è dovuto al fatto che gli abbiamo toccato il nervo scoperto».

— Lo scontro sulle tasse?
«Gli italiani sanno bene che centrosinistra è uguale a più tasse. E’ un’equazione che hanno già sperimentato con la tassa sull’euro e quella sulla salute».

— Il centrosinistra vi ha però accusato di dire bugie.
«Bugie? Le cito D’Alema. In un dibattito televisivo mi ha detto che abbiamo ridotto le tasse molto meno di quanto avevamo promesso. Io l’ho ringraziato, perché ha riconosciuto che comunque le abbiamo ridotte. Meno di quanto volevamo, le abbiamo ridotte. Quando c’era il centrosinistra il dibattito non era su quanto diminuivano ma di quanto aumentavano».

— Lo scontro più duro si è avuta sulla proposta di Prodi di ridurre di cinque punti il cuneo fiscale. Hanno smentito le vostre accuse.
«Noi abbiamo semplicemente chiesto a Prodi: dove trovi i soldi? Prima ha detto con la lotta all’evasione fiscale. Cosa doverosa, ma certo non sufficiente, soprattutto a breve scadenza. Abbiamo continuato a incalzarlo e ha spiegato: alzeremo le aliquote sulle plusvalenze delle grandi speculazioni finanziarie. Infine ha dovuto ammettere di aver previsto anche l’aumento sui Bot».

— Ma ha negato di voler colpire le famiglie.
«E allora si rimangia la riduzione del cuneo fiscale. E in ogni caso, colpire i Bot significa colpire il risparmio delle famiglie».

— Ha detto che colpiranno i grandi patrimoni.
«Ma non hanno citato cifre. Qualcuno di loro, per le tasse di successione, ha parlato di patrimoni oltre i 150 mila euro. Nelle grandi città è una casa di periferia. Altro che grandi patrimoni».

— E’ tornato d’attualità l’idea del partito unico del centrodestra.
«Io preferisco parlare del partito unitario. Può ben capire che la definizione del partito unico non mi piace».

— E’ d’accordo sul partito unitario?
«E’ un progetto interessante ma di difficile definizione. Ciò non significa che bisogna rinunciare a provarci».

— Perché difficile?
«Non sono fusioni tra aziende. Nei partiti ci sono persone in carne e ossa con le loro passioni, ci sono gli elettori. Dare vita a un processo di costruzione di un partito unitario presuppone un ampio dibattito».

— C’è stato un rallentamento del viaggio di An verso il Partito popolare europeo?
«All’assemblea di Roma sono stato accolto con grande simpatia, credo che non sia un problema».

— Perché non c’è stata la decisione favorevole?
«Non si entra a metà legislatura europea, valuteremo all’inizio della prossima».

— Il vostro spostamento al centro lascia spazio, a destra, alle liste concorrenti. Non è un rischio?
«Rompo una regola e faccio una previsione: sono sicuro che la percentuale di voto di quelle due liste assomiglierà, nel complesso, a un prefisso telefonico. Com’è quello di Sassari?

— 079.
«Anche troppo».

— La strategie delle tre punte è risultata valida?
«Sì. E poi credo che sia giusto che se un elettore non ha apprezzato ciò che ho fatto io possa votare per Casini o Berlusconi. Ed è anche giusto che siano gli elettori a dire, dandogli un voto in più, chi deve andare a Palazzo Chigi. Certo non lo può dire Prodi».

— Prodi ha vinto bene le primarie.
«Ma non ha né partito né potere».

— La strategia delle tre punte non ha favorito Berlusconi e oscurato lei e Casini?
«Fa parte del gioco. Berlusconi è il premier uscente ed è il leader del partito di maggioranza relativa».

— Cosa pensa del richiamo del Papa sui temi della vita e della famiglia?
«Come si può contestare al Santo Padre il diritto di ricordare che alcuni valori della Chiesa non sono negoziabili? Lo penso anche io pur dicendo, per primo, che le istituzioni devono essere laiche».

— E’ esploso il caso An-Luxuria. Lei ha subito sospeso due iscritti al partito che hanno partecipato all’aggressione. Perché?
«Perché non sopporto l’inciviltà. Se pretendo rispetto, devo rispettare gli altri».

— Bertinotti ha apprezzato, Luxuria ha detto che la sospensione non basta e che si sarebbe atteso una sua dichiarazione formale.
«Capisco. Gli serve per propaganda».

— Uno dei temi della campagna elettorale è il precariato. Quali impegni prende?
«E’ una grande questione che va risolta. I ragazzi che oggi hanno un contratto precario aspirano giustamente alla stabilità».

— Se avete incentivato il precariato, come fanno le vostre promesse a essere credibili?
«Intanto i contratti precari sono nati nella precedente legislatura. E poi oggi i giovani possono trovare un lavoro a contratto, anche se precario. Con il centrosinistra avevano solo lavoro nero».

— L’opposizione vi ha accusato di aver introdotto il precariato anche nella pubblica amministrazione.
«E’ successo proprio il contrario. Dove il governo è datore di lavoro, come la scuola, abbiamo stabilizzato ben centrotrentamila precari».

— Questa campagna elettorale si è caratterizzata per un eccesso di nervosismo e per toni troppo accesi. Si è sente toccato dai richiami di Ciampi?
«Ho apprezzato le dichiarazioni del presidente. Devo dire, però, che ho sempre cercato di esporre il mio pensiero anche in modo polemico ma mai in modo insultante. E credo di esserci riuscito».

— Lei è favorevole alla conferma di Ciampi?
«Sono stato il primo ad auspicare la sua rielezione, ma il presidente ha detto che il mandato finisce con il settennato. Ne ho preso atto».

— Nel senso che per lei il capitolo è chiuso?
«Ne ho preso atto per la stima che ho per il capo dello Stato. Le sue parole non erano tattiche, come possono essere quelle di un politico, ma sincere. E vanno rispettate».