Ugo Cappellacci (2010)

"Così rilancerò giunta e coalizione"
da La Nuova Sardegna del 20 giugno 2010

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Tre ricette di Ugo Cappellacci per reagire alla batosta del centrodestra alle elezioni: rilanciare giunta e coalizione con la verifica e il rimpasto, contribuire alla pace nel Pdl, sfidare «sino allo scontro» il governo Berlusconi. In questa intervista il governatore, che sull’inchiesta-eolico si dice tranquillo, annuncia: «Mi assumo le responsabilità di leader politico dell’alleanza».

— Presidente Cappellacci, le elezioni amministrative hanno dato molte risposte. Una di queste è che la sua giunta ha perso.
«Non è così, la risposta sta nell’analisi del voto, nella differenza tra primo e secondo turno».

— Quale differenza?
«I risultati del primo turno, al quale ha contribuito un numero maggiore di cittadini, cioé un campione più rappresentativo dell’elettorato, non sono così penalizzanti come quelli finali».

— Sostiene che la sconfitta è stata causata dell’astensionismo?
«Sì, è la prima ragione».

— Non vi assolve comunque: se ha penalizzato soprattutto voi significa che i vostri elettori vi hanno abbandonato.
«L’astensionismo penalizza maggiormente chi ha più un voto di opinione rispetto a chi ha un voto strutturato e viene da cinque anni di gestione delle Province».

— Come spiega l’astensionismo?
«Mi sto convincendo che i sardi ci hanno detto che non credono molto nell’istituzione Provincia. L’affluenza per i Comuni è stata diversa».

— I vostri elettori sono contrari alle Province?
«Noi stessi, a livello nazionale, poco prima del voto abbiamo lanciato un messaggio negativo sulle Province».

— Insomma, vuol dire che alla fine non è successo niente?
«No dico questo. C’è da fare una riflessione sul progetto politico, è chiaro. Ma non come causa decisiva della sconfitta».

— Lei distingue tra voto provinciale e voto comunale, ma avete perso anche la gara sui sindaci.
«Ma siamo andati meglio: abbiamo vinto a Quartu, a Iglesias abbiamo la maggioranza consiliare, abbiamo vinto a Tortolì, siamo andati vicini alla vittoria storica a Nuoro. L’unica sconfitta pesante è quella di Sassari, ma non è una novità».

— Come scusanti, si è parlato delle divisioni interne. Ma non sono responsabilità di qualcuno?
«Certamente le divisioni pesano e fanno perdere. Ci sono stati incendi e piccoli falò che abbiamo forse trascurato. Bisogna ragionare e prevenire».

— Sta dicendo che è stato un errore non ascoltare i dissidenti?
«Lo sforzo di capire le ragioni del dissenso non nasce oggi, da qualche mese abbiamo avviato il confronto, alcune questioni esterne hanno rallentato il percorso. Ma analizzando le ragioni da qui a breve il dissenso potrà diventare consenso».

— C’è un campanello d’allarme per la giunta?
«Partirei dalla coalizione. Alle elezioni regionali ha vinto perché ha messo in campo un progetto di governo in cui i cittadini si sono riconosiuti».

— Il progetto non è stato recepito o è in difficoltà?
«No, l’attività su molti fronti è positiva».

— I giudizi sono contrastanti persino nel centrodestra.
«Dobbiamo considerare che siamo di fronte a una crisi internazionale straordinaria».

— A un anno dall’insediamento, nel 2005 il suo predecessore Renato Soru vinse in quasi tutte le Province.
«Soru ha stravinto e poi ha perso. Se valgono le interrelazioni, siamo sulla strada giusta».

— E’ una battuta per dire che una sconfitta può essere salutare?
«Diciamo che ci offre stimoli ancora più forti».

— Ottimista a tutti i costi?
«Quando intraprendo un lungo viaggio, se devo proprio incappare in una tempesta, e lo dico a trecentosessanta gradi, è meglio che ci incappi all’inizio. C’è tempo di recuperare».

— Il progetto di governo va aggiornato?
«Dobbiamo ragionare meglio sulle priorità per affrontare proprio la crisi che viviamo».

— In questa prospettiva le crea problemi il fatto di essere indagato sulla vicende dell’eolico?
«Oltre che con passione e impegno, la politica va fatta con serenità. Io ce l’ho e intendo continuare. Mi auguro che tutti gli altri attori politici vogliano partire da questo dato. Una strumentalizzazione potrebbe produrre effetti che la Sardegna non si può permettere».

— A proposito dell’inchiesta giudiziaria, lei ha dichiarato al Consiglio regionale di essere tranquillo. Può spiegare il perché?
«L’argomento va riservato ad altri organi dello Stato, come la magistratura, di cui, come ho detto sin dall’inizio, ho la massima fiducia».

— Ha pensato alle dimissioni?
«No, nel modo più assoluto. Non lo potrei mai fare, per me, per i miei figli, per chi mi ha votato e continua a credere in me».

— Torniamo al dopo elezioni. In molti nel centrodestra hanno chiesto la verifica. Lei come si muoverà?
«Come leader della coalizione voglio favorire una riflessione con gli alleati e rilanciare l’attività di governo aprendo una fase dialettica costruttiva».

— Quando inizierà?
«Questa fase è già avviata. Ora vedremo i passi da fare».

— Ci sono molti malumori. E’ preoccupato?
«E’ normale che ci siano state aspirazioni non soddisfatte, la sintesi non ha potuto comprendere tutto».

— Veniamo alla giunta. Il rimpasto si farà?
«E’ direttamente legato alla riflessione di maggioranza».

— Lei è favorevole?
«Se più voci pongono l’argomento, non posso certo rimanere sordo. Se ne parlerà tutti assieme».

— Sarà un rimpasto politico?
«Ho il dovere di raccogliere le esigenze, le sensibilità e gli stimoli di tutta la coalizione. Voglio un quadro completo per fare la sintesi migliore possibile».

— Sinora non c’è riuscito.
«Il mio impegno è di essere un buon leader, capace di motivare tutti e di puntare sul gioco di squadra».

— Ma è sotto verifica anche il suo modo di governare, quello dell’uomo solo al comando. Lei aveva promesso altro.
«Non credo nella solitudine e se ho dato un’impressione diversa è perché nel primo anno mi sono concentrato soprattutto sul riavvio della macchina regionale e sulle grandi emergenze».

— Nella coalizione ci sono questioni politiche irrisolte. Ora il Psd’Az punta sull’indipendentismo ed è pronto a far firmare la mozione al Pd. Cosa ne pensa?
«E’ già aperto il confronto sui temi concordati nel patto iniziale. Dico che è il momento di accelerare nella riscrittura dello statuto».

— Si parla di novità nel Pdl sardo, ad esempio il commissariamento attraverso la nomina di Romano Comincioli al posto di Mariano Delogu. Cosa succederà?
«Di queste ipotesi ho letto sui giornali. A me risulta un dialogo costante tra il senatore Delogu e il senatore Comincioli. Detto questo, il nostro è un partito che ha diverse anime, ben venga il contributo di tutti. Per quanto ne so non credo che si arrivi a decisioni traumatiche».

— E’ possibile una soluzione condivisa dopo tante tensioni?
«Abbiamo sul livello locale tutte le risorse per andare avanti e gestire anche i momenti critici. Certo lo faremo in una logica di confronto con tutto il partito».

— Non c’è per lei il rischio che interventi nazionali diano ragione a chi l’accusa di subalternità politica?
«Non esiste, non si devono confondere i rapporti per il quotidiano lavoro di governo. Di fronte ai problemi il mio unico riferimento sono i sardi».

— Lo ha detto altre volte, eppure...
«Guardi, ci sono in ballo partite importanti, come il federalismo, le entrate fiscali e il patto di stabilità, su cui apriamo una stagione di confronto che potrebbe andare ben oltre i toni della cortesia istituzionale».

— Anche nel rapporto col governo Berlusconi?
«A costo di andare allo scontro».

— E’ una sfida?
«Tenga presente che di recente sono stato nominato coordinatore delle Regioni a Statuto speciale: assolverò il ruolo nell’esclusivo interesse delle specialità, con la Sardegna in prima fila