Massimo D’Alema (2010)

«La svolta politica può ripartire dall’isola»


da La Nuova Sardegna del 29 maggio 2010«Paese governato da un comitato d’affari,
Cappellacci è subalterno a interessi nazionali,
sull’indagine sia più chiaro di Scajola»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. «C’ero anche cinque anni fa e abbiamo vinto contro il pronostico. Mi hanno richiamato forse perché pensano che porti fortuna». Massimo D’Alema ha chiuso ieri sera la campagna elettorale del Pd affiancato dal segretario regionale Silvio Lai e dal candidato alla presidenza della Provincia Graziano Milia. Durissimo attacco a Berlusconi e alla «cricca» degli affari e a Ugo Cappellacci «presidente subalterno». E un auspicio: «Dalla Sardegna, le cui elezioni regionali provocarono la crisi del Pd, questo voto può segnare un’inversione di tendenza nazionale». Nella prospettiva del voto di domani e lunedì (otto Province e 176 Comuni), D’Alema ha risposto alle domande di diversi giornalisti, ha parlato a Sestu e al teatro Alfieri a Cagliari, dove ha incontrato i lavoratori del call center Video on line 2 (rischio di 480 licenziamenti) impegnandosi a parlarne con Telecom «per capire cosa si può fare».

— D’Alema, queste elezioni sono un test politico non solo per la Sardegna?
«E’ un voto amministrativo, i cittadini devono eleggere presidenti e sindaci, ma certo ha un significato politico. Confidiamo che segni una inversione di tendenza non solo nell’isola».

— Peserà la crisi economica?
«La Sardegna è una delle regioni più investite dalla crisi per totale assenza del governo, che non ha fatto nulla per l’isola. Doveva essere un governo amico e generoso, invece è la Sardegna che è stata chiamata a dare».

Cosa pensa di una campagna elettorale fatta più di beghe che di programmi?
«Altro che beghe L’impressione è che il Paese sia governato da un comitato d’affari, che si preoccupa di interessi particolari e non di quelli generali. Portando il Paese in una situazione difficile. Anche per questo occorre impedire che in Sardegna si rafforzi un gruppo di potere che cura interessi particolari».

— Peserà la manovra del governo?
«La destra ha scoperto la crisi dopo due anni. Dicevano che eravamo catastrofisti. Ora si muovono ma il conto da pagare è molto più alto, è diventato enorme».

— Berlusconi promette che non metterà le mani nelle tasche degli italiani.
«Bugia e cinismo senza misura. Secondo gli ultimi calcoli la manovra costerà 400 euro a famiglia».

— Scontro inevitabile o il dialogo è possibile?
«Non è facile aiutare Berlusconi. Dovrebbe fare autocritica e continua a dire che la crisi è colpa nostra. Noi siamo responsabili, ma chiediamo che la riforma cambi e poniamo due condizioni».

— Quali condizioni?
«La prima è l’equità. In un momento difficile ciascuno deve dare secondo le proprie possibilità. E invece qui si colpiscono solo i deboli, ci si accanisce sui dipendenti pubblici e non si toccano i ricchi e i patrimoni».

— La seconda?
«La manovra deve orientarsi anche per la crescita e l’occupazione. Con solo tagli un’economia muore».

— Favorevole allo sciopero di Cgil?
«Noi facciamo opposizione nel Parlamento e nel Paese. Se lo sciopero riesce saremo più forti in Parlamento».

— Allarme per gli enti locali?
«E’ Formigoni, che non è né un comunista né un oppositore del governo, a dire che questa manovra uccide il federalismo».

— C’è ancora spazio per le Regioni speciali?
«Dentro un progetto federalista occorrerà fare una riflessione, ma le ragioni della specialità non sono venute meno, soprattutto in Sardegna e in Sicilia per via dell’insularità. Quel che è certo è che questo governo in cui la Lega è presente in posizione dominante, è il più antiautonomista».

— L’autonomia è in crisi?
«L’autonomia richiede una classe dirigente autorevole e convinta. In Sardegna oggi, con Cappellacci, c’è invece una subalternità rispetto agli interessi di quello che voi chiamate il Continente».

— Tagli alla politica?
«Si possono fare, ma non tagliando alcune piccole Province. Due anni fa abbiamo proposto la riduzione degli stipendi alti, a iniziare da quelli dei parlamentari, ci hanno risposto che era demagogia perché la crisi non c’era. Servono grandi riforme».

— I tagli alla spesa pubblica sono inevitabili?
«Noi avevamo ridotto le spese correnti, Berlusconi le ha aumentate, riducendo quelle per gli investimenti. I tagli lineari non producono benefici».

— Cappellacci è indagato nell’inchiesta sull’eolico e il giorno dopo le votazioni ne parlerà in Consiglio. Cosa deve fare, dimettersi?
«Non esiste un automatismo. Certo è che si tratta di una vicenda inquietante. C’è il vertice del Pdl coinvolto in operazioni affaristiche. Credo che Cappellacci debba dare spiegazioni più dettagliate di quelle che ha dato Scajola».

— Milia è stato condannato per abuso d’ufficio eppure è candidato.
«Non è questione morale, non c’è stata sottrazione di denaro o cose di questo genere. Una delibera è stata assunta dalla giunta anziché dal consiglio. Un magistrato ha dato ragione a Milia, quello d’appello no».

— Lo stato di salute del Pd. Berlusconi è in difficoltà, ma l’opposizione non ne approfitta. Perché?
«Non ha saputo proporsi come alternativa credibile, forse anche per le divisioni interne. Ora c’è un’inversione di tendenza, nel Pd c’è più coesione e finalmente riparliamo al Paese e non a noi stessi».

— C’è chi vuole un modello Vendola anche nel Pd.
«Vendola suscita emozioni e suggestioni, ma ha vinto grazie alla coalizione e grazie all’Udc che non si è alleata con la destra. Se l’Udc non si fosse alleata con Cappellacci avrebbe vinto anche Soru».

— Cosa pensa della spaccatura a Nuoro?
«Sarebbe meglio che il partito riuscisse a risolvere i problemi interni per tempo, senza affidare il responso agli elettori».

— La preoccupano alcune rotture con l’Idv?
«Non ci sono rotture. Al secondo turno ci incontreremo di nuovo».