Enrico Letta (2010)

Letta: «Meglio votare subito pure nell’isola»

da La Nuova Sardegna dell'1 ottobre 2010

Il vice segretario del Pd: «Centrodestra al capolinea dappertutto»
«Cappellacci è privo di autorevolezza, non riuscirà a riprendersi»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Reduce dalla seduta della Camera sulla fiducia a Berlusconi, il vice segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, ha toccato con mano a Cagliari quanto la politica sia precaria anche qui: proprio ieri pomeriggio Ugo Cappellacci ha azzerato la giunta dopo uno scontro con Psd’Az e Riformatori sulla verifica politica e programmatica. Letta, nelle stesse ore, partecipava alla presentazione del suo ultimo libro («L’Europa è finita?») scritto con Lucio Caracciolo. Al dibattito c’era anche Renato Soru.


— Enrico Letta, la situazione politica del centrodestra sardo è precipitata proprio oggi.
«Cappellacci evidentemente segue le strade del suo presidente».

— E’ crisi vera?
«E il segno che dopo appena un anno e mezzo sono al capolinea».

— Cappellacci punterà ora su una giunta politica. Ce la farà a riprendersi?
«Credo che non si possa governare se i cittadini percepiscono che il presidente è privo di autorevolezza. Le sue difficoltà derivano tutte da questo deficit».

— A questo punto sarebbe meglio andare a elezioni anticipate?
«Prima si vota, anche in Sardegna, meglio è. E non da oggi. La cosa che mi ha colpito di più, sino a ferirmi nell’orgoglio di mezzo sardo, è il fatto che in Italia nell’ultimo anno il tema centrale del federalismo si sia sviluppato su due assi, da una parte il Nord di Bossi e dall’altra l’autonomismo siciliano di Lombardo a rappresentare tutto il Sud».

— E la Sardegna?
«Proprio la terra del miglior autonomismo è stata afona e totalmente assente».

— Colpa di Cappellacci?
«Avere un presidente di Regione dipendente del premier anziché interlocutore, è un danno. Soru e Prodi avevano un rapporto alla pari. Nell’ultimo anno la Sardegna è andata sulle prime pagine più con Carboni che con Cappellacci, sempre per il decadimento della questione morale, la P3, l’eolico, eccetera».

— Una Sardegna ormai fuori gioco?
«Spero di no. Anzi, rivolgo un appello ai politici sardi di reagire all’afonia del presidente. La Regione deve rendersi conto della grande occasione che sta mancando. E’ un danno anche per l’Italia».

— Perché?
«La Sardegna, per la sua tradizione e per la sua cultura autonomistica, può essere centrale nel dibattito nazionale sul federalismo».

— Proprio in questi giorni il dibattito si è sviluppao, però, più su indipendenza e sovranità che sull’autonomia. E’ l’ipotesi giusta per il nuovo Statuto?
«Secondo me il dibattito dovrebbe essere innanzitutto sull’applicazione dello Statuto».

— Non è riduttivo?
«Conosco la vicenda delle entrate, ero al governo. E’ il centro della questione Statuto. E poi la discussione non può essere solo all’interno dell’isola, ma va portata al livello nazionale. In questo Lombardo ha battuto Cappelacci 6-0 6-0».

— Anche il Pd si è in parte spinto sulla linea della sovranità. Cosa ne pensa?
«Ripeto, bisogna partire dall’attuazione dello Statuto, lì ci sono le indicazioni per un autonomismo compiuto. Parlare di autonomia spinta è una discussione positiva, ma non toccherei termini che vadano oltre».

— In Europa c’è spazio per le autonomnie forti?
«L’idea chiave dell’Europa è la sussidiarietà, per cui è necessario avere autonomie forti. In vent’anni, le Regioni sono diventate più forti grazie all’Europa: pensiamo a Interreg, le azioni trasfrontaliere, eccetera».

— Uno dei temi”nazionali” che riguardano l’isola è il caso Tirrenia. Cosa ne pensa?
«E’ uno scandalo, è il segno di che cosa vuol dire un non governo. La Sardegna sta pagando duramente il questa disastrosa non gestione della privatizzazione. I danni sono sotto gli occhi di tutti. I sardi dovrebbero ribellarsi».

— C’è chi propone un ingresso della Regione in Tirrenia.
«Perché no? Soru, Prodi e io ne avevano iniziato a parlare».

— Passiamo al campo nazionale. Berlusconi ha ottenuto la fiducia anche al Senato.
«Come ha detto Bersani, è la fiducia del cerino, nel senso che Berlusconi vuole lasciare a Fini la responsabilità della crisi».

— E’ crisi?
«La sintesi vera di quello che è successo è che la maggioranza non c’è più e che questa esperienza è finita. E quello che mi dispiace, lo dico sinceramente, è che è finito il governo che per la sua ampia maggioranza numerica avrebbe dovuto dare le riforme di cui il Paese ha bisogno».

— Perché non è stato in grado?
«Pur di vincere Berlusconi ha messo insieme troppe cose diverse, come il diavolo e l’acquasanta».

— Si voterà a marzo?
«Sì, ma prima bisogna fare un governo istituzionale per cambiare la legge elettorale. Quella attuale non permette di scegliere il proprio parlamentare e forza il premio di maggioranza».

— Resterà il bipolarismo o si va verso il tripolarismo?
«Sarebbe un errore andare al sistema a tre poli, aiuterebbe Berlusocni a tornare primo ministro».

— Cosa dovete fare per evitarlo?
«Essere responsabili nelle scelte che dovremo prendere».

— Governare con Fini?
«Con Fini vogliamo cambiare la legge elettorale e iniziare una collaborzione sulle regole della democrazia».

— E se Fini rompesse con Berlusconi, nell’ipotesi che resti il bipolarismo sarebbe un vostro alleato?
«E’ prematuro parlarne».

— Il Pd è pronto a votare a marzo?
«Abbiamo due appuntamenti importanti l’8 e il 9 ottobre a Varese, il 3 e 4 dicembre a Napoli: l’assemblea nazionale deve discutere le proposte sui temi principali per il governo del Paese. Da lì usciranno le parole del Pd sul progetto per l’Italia».

— Farete le primarie?
«Prima va definita la coalizione. Se la coalizione le chiede, si faranno sicuramente».

— Bersani ha detto che alle elezioni il Pd sarà una sorpresa anche in Sardegna. Condivide?
«Qui ci sono grandi margini. I sardi stanno toccando con mano cosa è capitato passando da Soru a Cappellacci. Stiamo risalendo, ora molto dipende dalla nostra capacità di intercettare consensi su fisco, emigrazione, welfare, dove eravamo più in difficoltà».