Pietro Soddu

Da La Nuova Sardegna
10 dicembre 2008

«Una tregua, o alla Regione si sfascia tutto»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Tra due settimane, a Natale, si saprà se ci saranno le prime elezioni anticipate della storia della Regione. La crisi politica che si è aperta il 25 novembre con le dimissioni di Renato Soru è a una svolta tra vertici romani del Pd e controffensive dei dissidenti. Ma tutto si svolge in stanze riservate. Una proposta nuova è stata lanciata ieri da Pietro Soddu, l’uomo che ha il record di presidenze della giunta: sette. Soddu, in questi anni sostenitore di Soru, lancia l’idea di una tregua per dare voce, nei due poli, agli elettori delle primarie: «Sembra una strada impossibile, invece è la più facile».

— Pietro Soddu, lei di crisi politiche ne ha viste e vissute tante, ma questa è la prima crisi sarda da quando c’è l’elezione diretta del governatore. Le dimissioni di Renato Soru portano inevitabilmente alle elezioni anticipate?
«Io so cosa farei al posto di Soru e credo di potergli dare un consiglio. Ma occorre fare un ragionamento un po’ largo perché la partita è complessa».

— Per via del braccio di ferro tra Soru e i dissidenti?
«C’è qualcosa che va al di là delle persone, sin dall’inizio della legislatura. Infatti riguarda tutte le realtà istituzionali del Paese: è la crisi di rapporto tra esecutivo e legislativo».

— E’ un problema, però, che questa crisi non può risolvere.
«Ma bisogna porsi per il futuro il problema di completare il modello, renderlo più efficiente e meno conflittuale, più equilibrato e quindi compatibile col sistema democratico».

— Per il futuro, ma ora si tratta di decidere in pochi giorni.
«Ma ragionando si possono trovare, oggi, i modi per uscire da questa crisi».

— Una riflessione che richiederebbe la presenza di partiti veri e non in crisi.
«E infatti c’è un problema che riguarda anche loro. Oggi, dappertutto, si trasformano in partiti del presidente o in partiti dei consiglieri. Se non si trova un equilibrio e non si va a una distinzione di ruoli, ciascuno si sente vittima dell’altro».

— E’ il discorso del presidenzialismo con gli opportuni contrappesi.
«Senza i quali il presidenzialismo rischia di essere soggetto a una forte deriva di populismo. Che è esaltato dal fatto che la comunicazione avviene principalmente attraverso la televisione, tipico strumento che porta a questa deformazione. Così come la crisi della rappresentanza politica».

— Tema rilanciato di recente da De Rita.
«Ne parlo da tempo con i parlamentari con cui è possibile farlo, oggi il corpo elettorale ha la sensazione di non avere rappresentanti. La gente non sa chi sono i deputati e i senatori. La crisi della politica è crisi di rappresentanza. E il presidezialismo polarizza le aspettative su un unico rappresentante. O mettiamo dei filtri o il populismo si moltiplica».

— Questa è la cornice generale. Veniamo alla crisi di oggi. Secondo lei si va alle elezioni anticipate?
«Per evitarle o si toglie di mezzo il problema o si toglie di mezzo qualcuno dei protagonisti del contrasto. Mettiamo che Soru riottenga la fiducia, gli altri sono sconfessati: potranno ricandidarsi? Mettiamo che i partiti decidano di ricandidarli tutti. Il problema si ripropone».

— Chi decide?
«Non si sa, questo è il punto. L’unica cosa certa è che se si va a elezioni in questa situazione...».

— Il Pd è in grado di decidere?
«Se decide Cagliari c’è un contenzioso sulla segreteria, se decide Roma si può obiettare sull’autonomia violata. Tutti possono dire che c’è qualcosa di illegittimo».

— Sta disegnando un quadro senza vie d’uscita.
«Molti dicono che ormai è tutto sfasciato, che è un dramma non fare prima la Finanziaria, ma nessuno si muove. C’è quasi del fatalismo: passano i giorni e non si fa niente. Com’è che allora pensiamo che si può vincere?».

— Forse danno tutto per scontato.
«Io dico che bisognerebbe provare a fare qualcosa».

— Ha una proposta?
«Bisognerebbe trovare una tregua e cercare di coinvolgere anche l’opposizione».

— Ma l’opposizione ha già detto: elezioni subito.
«Sì, ma contemporaneamente denuncia il blocco della Finanziaria. Se è vero, come sostiene, che questa crisi provoca tanti guasti, il presidente dovrebbe porre il problema a tutti e verificare cosa fare. In una democrazia matura si fa così».

— Per farlo servirebbe una contrapposizione meno forte.
«Purtroppo prevalgono i personalismi. Invece bisogna trovare un accordo generale».

— Di che tipo?
«Accantonare la legge urbanistica e fare la tregua per lasciare a ciascuno il tempo di decidere sulle cose aperte».

— Rimane il grande problema: chi decide?
«La mia opinione è che deve decidere il corpo elettorale dei due blocchi sulle questioni fondamentali: finanziaria, urbanistica, regole per le candidature, programmi. Visto che nessuno riesce più a fare i congressi, penso a una grande giornata di primarie, una specie di ordalia medievale. E’ l’unico giudice legittimato da tutti».

— Nel Pd qualcuno ha proposto un comitato di garanzia. Cosa ne pensa?
«Sarebbe una poliarchia commissariale. Non so se tutti siano d’accordo».

— Ci sono le condizioni politiche per la tregua?
«Una Regione seria la farebbe. Se l’interesse generale, richiamato in modo corale, è di non sfasciare la macchina, ma anzi di lasciarla pulita e funzionante, la dovrebbero fare».

— E l’opposizione perché dovrebbe fare la tregua?
«Se dicono che rinviare la Finanziaria è un delitto, perché non dovrebbero accettare la tregua. E poi tutti hanno l’interesse di provare se questo sistema bipolare funziona davvero per governare e non per uccidersi. Che colpa ne ha la Sardegna della loro incapacità di mettersi d’accordo?».

— Se lei fosse al posto di Soru la farebbe?
«Sì, la farei. Può anche vincere il braccio di ferro, ma poi? Se va a queste primarie per far decidere tutti si legittima di più. Se gli altri rifiutano il percorso e gli argomenti, lui si rafforza».

— E Soru, che interesse politico avrebbe?
«Il presidente rappresenta tutti i sardi, non una parte. Deve farsi carico del problema generale. E’ chiaro che è meno libero di altri. In Tv, da Fazio, ha detto che farà l’interesse generale. Bene, deve verificare qual è?».

— Soru teme di perdere le elezioni primarie?
«Credo di no, ho capito che, con Antonello Soro, hanno paura delle grandi fratture che si potrebbero creare nel partito e nella coalizione. Io invece penso che sia più importante la legittimazione della decisione e dell’investitura, che sia vincente andare alle elezioni con spirito collettivo e unitario. Certamente la cosa peggiore è andarci nelle condizioni attuali».

— Dato che le elezioni le vince il presidente, Soru pensa di poter andare meglio della coalizione.
«Lui lo può pensare, ha successo in televisione, ha feeling con gli elettori, ma non li potrà incontrare tutti, e comunque non basta. il carisma è fortissimo, ma il nostro sistema richiede anche la partecipazione responsabile».

— Nel Pd e nel Centrosinistra lo scontro vero è sulla ricandidatura di Soru.
«Ma è il candidato scontato, non solo per un giudizio di merito ma perché non c’è stato nessuno che lo abbia in qualche modo contrastato: sconfessare Soru significa sconfessare cinque anni di politica e perdere le elezioni. Significherebbe che per alcuni Soru sarebbe peggio della destra. Se lo dice il corpo elettorale è diverso».

— Lei ha sostenuto Soru Cosa dice a chi lo contesta?
«Ho sostenuto la politica di Soru su molti punti, è un innovatore, c’è bisogno di un riequilibrio di poteri, ma cambiare oggi il presidente sarebbe una sciocchezza. Se qualcuno lo può fare non è un gruppo di persone che lo rifiutano o mezza assemblea regionale che non ha questo mandato».

— Nel Centrosinistra sono in molti a chiedere le primarie.
«Per la maggioranza uscente sono un vantaggio: sono la strada per riconquistare e rimotivare i militanti, avere la loro fiducia. Altrimenti come possiamo sperare che ci votino? Non ci sono sedi per discutere, io stesso non so dove farlo. E’ un problema per tutti coloro che hanno votato alle primarie e che nessuno ascolta più».

— Le primarie, una volta concluse, vanno rispettate e chi ha perso deve sostenere il vincitore. Soru non si fida?
«Forse non crede in questo meccanismo, ma gli darebbe più forza. Guardiamo Obana. Con Hillary se ne sono cavati gli occhi e ora lavorano insieme e lei sarà il segretario di Stato. Questa è politica. L’odio per il nemico non può durare tutta la vita. La politica richiede tolleranza e rispetto».

— Presidente Soddu, non c’è il rischio che il suo ragionamento, visti i tempi, sia un’utopia?
«Può darsi, ma voglio che la gente ragioni, che si apra dibattito vero anche fuori dalla cittadella chiusa di questa politica».